LEGGE REGIONALE 9 aprile 1994 , N. 13

Piano territoriale di coordinamento del parco regionale Campo dei Fiori(1)

(BURL n. 15, 2º suppl. ord. del 14 Aprile 1994 )

urn:nir:regione.lombardia:legge:1994-04-09;13

Art. 1.
Approvazione del piano territoriale di coordinamento del parco Campo dei Fiori.
1. Ai sensi dell’art 6 della legge regionale 19 marzo 1984, n. 17 "Istituzione del parco Campo dei Fiori", dell’art. 17 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 "Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale", dell’art. 5 della legge regionale 27 maggio 1985, n. 57 "Esercizio delle funzioni regionali in materia di protezione delle bellezze naturali e subdelega ai comuni" e dell’art. 1-bis del D.L. 27 giugno 1985, n. 312 convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431 "Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale", è approvato il piano territoriale di coordinamento del parco Campo dei Fiori, costituito dai seguenti elaborati:
a) tavole di piano:
- tav. 1: inquadramento territoriale e sistema viario, in scala 1:100.000;
- tav. 2: zonizzazione, in scala 1:10.000;(2)
b) norme tecniche di attuazione.
Art. 2.
Clausola d’urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’art. 127 della Costituzione e dell’art. 43 dello Statuto della regione Lombardia ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della regione.


Cartografie omesse.

Allegato

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NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE
Titolo I
NORME DI INQUADRAMENTO


Art. 1. – Ambito e contenuti del piano territoriale.
1. Il piano territoriale di coordinamento del parco naturale regionale Campo dei Fiori ha natura ed effetti di piano territoriale regionale ai sensi degli artt. 4 e 7 della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51 ed è approvato ai sensi e con i contenuti delle leggi regionali 19 marzo 1984, n. 17 e 30 novembre 1983, n. 86 e successive modificazioni ed integrazioni.
2. Il piano territoriale assume anche i contenuti di piano territoriale paesistico ai sensi della legge regionale 27 maggio 1985, n. 57 come modificata e integrata dalla legge regionale 12 settembre 1986, n. 54.
3. Il piano delimita il territorio del parco individuandone il perimetro, con le modifiche rispetto a quello approvato con legge regionale 19 marzo 1984, n. 17, necessarie per il miglior assetto del parco.

A rt. 2. – Elaborati del piano territoriale.
1. Il piano territoriale si compone dei seguenti elaborati:
– norme tecniche di attuazione - tavole:
• tav. 1: inquadramento territoriale e sistema viario, in scala 1:100.000;
• tav. 2: “zonizzazione”, in scala 1:10.000.

Art. 3. – Effetti del piano territoriale.
1. I rapporti tra il P.T.C. e gli strumenti di pianificazione territoriale comprensoriali, ove formati, e i piani urbanistici delle comunità montane, ove operanti, sono regolati dall’art. 18, primo comma, della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86.
2. Le previsioni urbanistiche del P.T.C. sono immediatamente vincolanti per chiunque, sono recepite di diritto negli strumenti urbanistici generali comunali dei comuni interessati e sostituiscono eventuali previsioni difformi che vi fossero contenute.

Art. 4. – Adeguamento degli strumenti urbanistici generali comunali.
1. I comuni consorziati devono apportare, relativamente alle aree comprese nel perimetro del parco, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente P.T.C., con apposita variante al proprio strumento urbanistico generale, tutte le correzioni conseguenti, recependo il perimetro e la zonizzazione del P.T.C. e inserendo nelle norme tecniche di attuazione il rinvio alle presenti norme.
2. I comuni medesimi devono, entro due anni dall’entrata in vigore del presente P.T.C., provvedere, con apposita variante, all’aggiornamento dei propri strumenti urbanistici generali, relativamente alle aree esterne al perimetro del parco, tenendo conto degli indirizzi derivanti dal P.T.C.

Art. 5. – Standards urbanistici dei piani comunali.
1. Al fine del calcolo dello standard per verde, gioco e sport previsto dall’art. 22, comma secondo, lett. c), della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51, i comuni consorziati possono individuare le relative aree nell’ambito della zona a parco attrezzato fino ad un massimo di 15 mq/ab.; l’esercizio di tale facoltàè subordinato all’approvazione, su proposta del consorzio, da parte della giunta regionale, di un apposito piano di settore volto a verificare la specifica idoneità di tali aree alla loro concreta utilizzazione quali standards di livello comunale.
2. Nell’esercizio della suddetta facoltà devono essere rispettati i disposti di cui alle lettere b) e c) art. 22, comma 8-bis, della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51.
3. Le quote relative agli oneri di urbanizzazione secondaria che i comuni consorziati, i quali si avvalgono della facoltà di cui ai commi precedenti, devono corrispondere al consorzio, onde assicurare l’attuazione degli interventi previsti dall’art. 22, secondo comma, lett. c), della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51, nonché degli interventi di cui al quinto comma dell’art. 4 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, sono determinate dall’assemblea consortile nel rispetto delle quote minime stabilite dal consiglio regionale in aggiornamento e specificazione delle tabelle riguardanti gli oneri di urbanizzazione, previste dalla deliberazione del consiglio regionale 28 luglio 1977, n. II/557.

Art. 6. – Indirizzi per la pianificazione urbanistica comunale per le aree esterne al perimetro del parco.
1. In sede di variante di adeguamento, ai sensi del precedente art. 4, secondo comma, e, comunque, in sede di adozione di strumenti urbanistici comunali generali ed attuativi o di loro varianti, i comuni consorziati sono tenuti ad osservare i criteri e gli indirizzi dettati dal presente articolo per le aree esterne al perimetro del parco.
2. I criteri e gli indirizzi sono i seguenti:
a) dovranno essere sottoposte a particolare tutela le aree verdi ed a specifica salvaguardia le essenze arboree di rilevanza ambientale;
b) dovranno essere tutelate e salvaguardate le superfici a bosco esistenti nonché le aree con destinazione agricolo-boschiva;
c) dovrà essere prestata particolare attenzione alle caratteristiche geomorfologiche del terreno, tutelando specificatamente la stabilità dei versanti e salvaguardando l’assetto idrogeologico;
d) dovranno essere sottoposte a particolare tutela le aree ove sono ubicati siti riproduttivi della fauna selvatica, nonché le acque superficiali che ospitano una ricca ittiofauna;
e) dovranno essere salvaguardati i corsi d’acqua e le relative sponde;
f) le attività industriali, con esclusione dell’artigianato non nocivo all’igiene e alla salute pubblica, nonché preesistente o connesso ad esigenze che non possono essere diversamente soddisfatte, dovranno essere collocate a congrua distanza dai confini del parco, a meno che non vi siano possibilità alternative da motivarsi specificatamente;
g) nelle aree e negli edifici limitrofi al perimetro del parco e, in particolare, nel raggio di 300 metri dal perimetro medesimo, non potranno essere realizzati nuovi capannoni o edifici industriali, artigianali o industriali per lo svolgimento di attività nocive o insalubri;
h) l’aggregato urbano dovrà, preferibilmente, essere definito da parametri continui, al fine di conseguire il minor consumo delle risorse naturali e territoriali;
i) nelle norme dei piani urbanistici comunali generali dovranno essere inserite disposizioni particolari concernenti le modalità d’uso e la manutenzione di parchi e giardini privati da porsi a carico dei proprietari;
l) dovranno essere, altresì, definiti i parcheggi perimetrali, la viabilità di penetrazione al parco, gli accessi al parco stesso, la continuità delle piste ciclabili, in coerenza con le previsioni del presente piano e dei suoi strumenti attuativi.

Art. 7. – Strumenti, provvedimenti e procedimenti di attuazione del piano.
1. Sono strumenti e procedimenti di attuazione del piano territoriale:
a) i piani di settore:
b) i piani delle riserve;
c) i regolamenti d’uso;
d) il piano di gestione;
e) gli interventi esecutivi di iniziativa pubblica e convenzionati;
f) i pareri, le autorizzazioni, le concessioni d’uso, le denunce al consorzio, previsti dalle presenti norme e dalla vigente legislazione.
2. Il piano territoriale è attuato dal consorzio; collaborano all’attuazione del piano, con propri atti e progetti, l’amministrazione provinciale di Varese, le comunità montane, i comuni consorziati, gli altri enti pubblici, i privati singoli e associati. Il consorzio promuove la concessione di incentivi e contributi a coloro che collaborano alla salvaguardia dell’ambiente, nei modi e nei casi previsti dalla vigente legislazione e dalle presenti norme.

Art. 8. – Piani di settore.
1. Il consorzio predispone piani di attuazione per settori funzionali, con particolare riguardo ai settori di cui al titolo 3. 2. I piani di settore sono i seguenti:
a) tutela e gestione del patrimonio forestale e vegetazionale (artt. 20, 21, 27);
b) salvaguardia paesistica (art. 21, 23, 24, 29);
c) fruizione pubblica ed attività turistico-ricettiva (artt. 21, 22, 30, 37);
d) tutela geologica ed idrogeologica (art. 31); e) tutela e gestione del patrimonio faunistico (artt. 33, 34, 35).
3. Il piano di settore è adottato dall’assemblea, quindi pubblicato mediante deposito presso la segreteria del consorzio, che ne trasmette copia agli enti consorziati e ne dà avviso al pubblico; l’avviso di deposito è dato mediante pubblicazione all’albo del consorzio e degli enti consorziati; nei trenta giorni successivi al deposito chiunque ne abbia interesse può presentare le proprie osservazioni.
4. Il piano è approvato dall’assemblea, con le modificazioni conseguenti all’eventuale accoglimento di osservazioni; in mancanza di osservazioni, il piano è definitivamente approvato dal consiglio direttivo.
5. Il piano diventa esecutivo dopo la pubblicazione, per quindici giorni consecutivi, all’albo consortile della deliberazione definitiva di approvazione, ed è trasmesso in copia entro i venti giorni successivi alla pubblicazione stessa alla giunta regionale.
6. Dalla data di pubblicazione della deliberazione di adozione del piano di settore fino all’approvazione del piano stesso e, comunque, per non oltre cinque anni dalla prima data, si applicano al piano attuativo di settore le misure di salvaguardia.
7. I piani di settore individuati dal secondo comma del presente articolo possono essere adottati ed approvati anche per stralci, seguendo le medesime procedure di cui ai precedenti commi; anche in tal caso si applicano le salvaguardie di cui al precedente sesto comma.
8. Il consorzio può adottare, ai sensi del precedente terzo comma, piani anche per settori diversi da quelli individuati dal secondo comma del presente articolo, da trasmettere, unitamente alle eventuali osservazioni e controdeduzioni dell’assemblea consortile, alla giunta regionale che, esaminate le osservazioni, procede all’approvazione; anche per tali piani si applicano le salvaguardie di cui al precedente sesto comma.

Art. 9. – Piani delle riserve.
1. Il consorzio gestisce le riserve naturali del parco in base alle norme del presente piano e, per quanto dal piano stesso non specificatamente disciplinato, in base alle disposizioni del titolo 2 - capo I - della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86.
2. I piani delle riserve sono adottati dal consorzio con le procedure di cui al precedente art. 8, terzo comma, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge di approvazione del presente piano ed approvati dalla giunta regionale.
3. Dalla data di pubblicazione del piano della riserva fino a quella di approvazione da parte della giunta regionale e, comunque, per non oltre cinque anni dalla pubblicazione del piano stesso, si applicano le misure di salvaguardia di cui al precedente art. 8, sesto comma.
4. I piani delle riserve dovranno essere preceduti da studi interdisciplinari basati sull’analisi dettagliata delle componenti dell’ecosistema, al fine di stabilirne la storia pregressa e le tendenze evolutive.
5. I piani delle riserve, aventi contenuti sia pianificatori che programmatori, devono essere costituiti dai seguenti elaborati:
a) lo studio degli aspetti naturalistici del territorio corredati dalle relative carte tematiche;
b) una relazione che espliciti gli obiettivi generali del piano, descriva i criteri programmatici e di metodo seguiti, illustri le scelte operate;
c) le rappresentazioni grafiche in scala non inferiore a 1:5.000 ed in numero adeguato per riprodurre l’assetto territoriale previsto dal piano stesso e per assicurare l’efficacia e il rispetto dei contenuti;
d) le norme di attuazione comprendenti tutte le prescrizioni necessarie ad integrare le tavole grafiche;
e) un programma di interventi determinati nel tempo con l’indicazione delle risorse finanziarie necessarie e delle possibili forme del finanziamento stesso.
6. I piani delle riserve sostituiscono, per le rispettive zone, i piani attuativi di settore ed i regolamenti d’uso, assumendone i contenuti, nel caso in cui detti strumenti attuativi contengano norme concernenti, in tutto o in parte, il territorio di riserve naturali.
7. In assenza di piani delle riserve, le previsioni dei piani di settore, eventualmente interessanti riserve naturali, sono subordinati, diversamente da quanto disciplinato dal precedente art. 8, quarto comma, all’approvazione della giunta regionale.
8. Relativamente alle aree boscate, come definite dall’art. 3 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 80, comprese nelle zone di riserva naturale, il relativo piano della riserva ha efficacia di piano di assestamento, di cui alla medesima L.R. 80/89, assumendo i contenuti tipici del piano di assestamento previsti dalla vigente normativa regionale.

Art. 10. – Regolamenti d’uso.
1. I regolamenti per l’uso del territorio e dei beni, nonché per la gestione dei servizi, sono approvati dall’assemblea consortile.
2. I regolamenti divengono esecutivi a seguito di ripubblicazione per quindici giorni consecutivi, da effettuarsi dopo il favorevole controllo dell’organo regionale, all’albo del consorzio; i regolamenti sono altresì pubblicati agli albi dei comuni consorziati.
3. Entro venti giorni dalla intervenuta esecutività i regolamenti sono trasmessi alla giunta regionale.

Art. 11. – Piano di gestione.
1. Al fine di attuare le previsioni del piano territoriale, il consorzio, con deliberazione assembleare propone alla giunta regionale, per l’approvazione, un piano di gestione che ha validità triennale ed è articolato in programmi attuativi annuali.
2. Il piano di gestione definisce, tra l’altro:
a) gli interventi necessari per la tutela e la valorizzazione del patrimonio naturale ed ambientale ed in particolare quelli afferenti i settori di cui al primo comma dell’art. 3 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86;
b) gli interventi di carattere culturale, educativo, ricreativo e turistico-sportivo per lo sviluppo dell’utilizzazione sociale del parco;
c) l’acquisto e la collocazione delle tabelle segnaletiche di cui all’art. 32 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86;
d) le previsioni di spesa per l’attuazione del piano e le priorità degli interventi.
3. Il piano di gestione ed i suoi programmi annuali sono costituiti dai seguenti elaborati:
a) relazione illustrativa;
b) elenco degli interventi da realizzare nel periodo considerato, con le relative modalità di attuazione;
c) descrizione o documentazione cartografica degli interventi;
d) eventuale normativa di dettaglio degli interventi previsti;
e) relazione finanziaria, con indicazione delle spese a carico del consorzio e, se del caso, degli enti consorziati e dei privati, nonché delle fonti di finanziamento pubbliche e private che si presume di reperire per far fronte a tali spese.

Art. 12. – Interventi esecutivi di iniziativa pubblica e convenzionati.
1. Gli interventi esecutivi del consorzio sono approvati dal consiglio direttivo; ove detti interventi comportino l’espropriazione o l’occupazione temporanea della proprietà privata, la deliberazione di approvazione del progetto esecutivo equivale a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere stesse.
2. Gli interventi esecutivi, di cui al presente articolo, programmati ed approvati dagli enti consorziati vanno sottoposti al preventivo parere del consiglio direttivo, il quale potrà imporre modificazioni o prescrizioni esecutive vincolanti.
3. L’intervento esecutivo convenzionato con i proprietari di beni immobili o con operatori privati è sottoposto all’approvazione del consiglio direttivo.

Art. 13. – Pareri, autorizzazioni, nulla-osta, concessioni d’uso, denunce al consorzio.
1. Sono sottoposti a parere obbligatorio dell’assemblea o del consiglio direttivo, secondo le competenze stabilite dallo Statuto del consorzio:
a) gli atti e i provvedimenti di cui alle lettere a), b), c), d), e), f), quarto comma, art. 21, della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86;
b) i progetti di nuova costruzione e ristrutturazione, di cui alle lettere d) ed e) dell’art. 31, della legge 5 agosto 1978, n. 457, qualora consentiti dal presente piano territoriale, di immobili ubicati all’interno del perimetro del parco, fatto, comunque, salvo quanto disposto dall’art. 1, terzo comma della legge regionale 26 settembre 1992, n. 32; in tal caso il parere avrà ad oggetto la conformità dell’intervento alle norme del piano territoriale nonché, qualora operanti, dei piani di settore o dei regolamenti d’uso;
c) specifici interventi e provvedimenti per i quali le norme del presente piano territoriale, i piani di settore e i regolamenti d’uso prevedano esplicitamente il parere del consorzio;
d) l’installazione di radioripetitori.
2. Nel caso di cui al precedente primo comma, lett. b), il consorzio deve esprimersi entro trenta giorni dal ricevimento dei progetti, che a tal fine devono essere contestualmente trasmessi al consorzio stesso e al sindaco del comune competente per territorio; qualora entro il termine sopra stabilito, il consorzio non provveda ad esprimersi, il parere si intende favorevole; in tutti gli altri casi si applicano i disposti di cui al sesto comma, art. 21, della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86.
3. Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 81, terzo comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, la regione, ai fini dell’intesa di cui al disposto di legge medesimo, deve sentire preventivamente, nel caso di difformità del progetto di massima ed esecutivo di opere pubbliche di interesse statale, per quanto concerne la loro localizzazione e le scelte del tracciato, dalle previsioni del presente piano o dei relativi strumenti attuativi o dei singoli strumenti urbanistici comunali, oltre ai comuni nel cui territorio ricadono gli interventi, anche il consorzio, il quale deve esprimersi ai sensi del successivo art. 15, ottavo comma, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta di parere da parte della regione.
4. Le autorizzazioni di competenza consortile, previste dalla vigente legislazione nonché dalle norme del presente piano, sono emesse, fatte salve diverse disposizioni contenute in leggi di settore, entro sessanta giorni dal ricevimento della relativa istanza, dal presidente o dal consiglio direttivo, secondo le previsioni statutarie, con le prescrizioni eventualmente ritenute necessarie a garanzia della tutela ambientale.
5. I nulla-osta, di competenza consortile, previsti, in materia forestale, dalle presenti norme, devono essere rilasciati nel termine di sessanta giorni dalla presentazione della relativa istanza e devono essere emanati sulla base di una relazione tecnica, predisposta a cura del consorzio, da allegare al nulla-osta stesso; qualora il consorzio non si esprima nel termine sopra indicato, possono essere iniziati i lavori.
6. La gestione di servizi di interesse consortile può avvenire mediante concessioni d’uso o di gestione, anche previo trasferimento del diritto di superficie; nella concessione di gestione, in particolare, la relativa convenzione regola l’uso pubblico e le modalità di gestione delle attrezzature e dei servizi, il controllo, da parte del consorzio, dei prezzi e delle tariffe per il pubblico, la durata della concessione e dell’eventuale diritto di superficie, le modalità per la devoluzione al consorzio delle attrezzature alla scadenza della concessione.
7. Nei casi di interventi soggetti a denuncia al consorzio, previsti dalla vigente legislazione o dalle norme del presente piano territoriale, la denuncia consiste in una comunicazione dettagliata dell’intervento, delle sue modalità e tempi di esecuzione, dell’indicazione delle eventuali migliorie ambientali o colturali derivanti dall’intervento; salvo diversa previsione contenuta nella vigente legislazione, il presidente, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento della denuncia, può inibire l’intervento o dettare prescrizioni esecutive; a tal fine le opere non possono iniziare prima della scadenza di detto termine.
8. Il consorzio, con proprio regolamento, può stabilire, in relazione alla natura e rilevanza degli interventi soggetti ad autorizzazione o denuncia, quale specifica documentazione illustrativa e tecnica debba essere prodotta in allegato alle istanze di autorizzazione o alle denunce.

Art. 14. – Garanzie.
1. In caso di intervento convenzionato, autorizzato, in concessione o soggetto a denuncia, il consorzio può imporre la presentazione di idonee garanzie, rilasciate da primari istituti bancari o assicurativi, in ordine ai lavori di recupero ambientale e paesistico e, in genere, alle obbligazioni assunte nei confronti del consorzio.

Art. 15. – Dichiarazione di Compatibilità Ambientale.
1. Fatto salvo quanto previsto dal successivo ottavo comma, in tutte le zone del parco sono soggetti a D.C.A. i seguenti interventi:
a) realizzazione di nuovi insediamenti industriali o artigianali, l’ampliamento in misura superiore al 10% della superficie utile di quelli esistenti, nonché ogni modifica della tipologia produttiva;
b) opere di depurazione delle acque o di loro captazione e distribuzione, ad esclusione degli allacciamenti alle singole utenze;
c) realizzazione di nuovi oleodotti, gasdotti ed elettrodotti aventi tensione di esercizio superiore a 30.000 volt, nonché l’ampliamento di quelli esistenti;
d) interventi modificativi del tracciato di strade esistenti statali, provinciali e comunali;
e) riattivazione della funicolare tra il centro urbano di Varese e il Sacro Monte Campo dei Fiori;
f) opere di regimazione e bonifica idraulico-forestale, nonché interventi di difesa attiva e passiva, riguardanti movimenti franosi, di sviluppo longitudinale superiore a ml 20.00 o, comunque, interessanti aree superiori a mq 500.
La procedura di D.C.A. ha l’obiettivo di accertare gli effetti sull’ambiente, indotti dall’intervento proposto, al fine di dimostrarne la compatibilità con l’ambiente stesso, inteso nella complessità descritta al successivo comma secondo, lett. c).
2. la D.C.A. è redatta, sulla base di uno studio interdisciplinare, da professionisti, esperti in materia ambientale e pianificatoria che, sotto la loro personale responsabilità:
a) garantiscano il rispetto di ogni disposizione del presente piano territoriale, nonché di piani di settore e di regolamenti d’uso;
b) garantiscano il rispetto della vigente legislazione in materia di tutela ambientale;
c) indichino i dati necessari per individuare e valutare gli effetti negativi, diretti ed indiretti, che l’intervento può avere sull’ambiente, inteso nei seguenti fattori e nell’interazione tra i fattori stessi: l’uomo, la flora, la fauna, il suolo, l’acqua, l’aria, il clima, il paesaggio, inteso come contesto di sistemi naturali e storico culturali, anche di tipo agrario;
d) descrivano le misure scelte per evitare o annullare o ridurre al minimo e possibilmente compensare gli effetti negativi sull’ambiente;
e) riassumano in una sintesi non tecnica le indicazioni di cui alle precedenti lettere b), c), d).
3. Gli elementi essenziali della valutazione e delle soluzioni tecniche adottate sono trasfusi in una convenzione, a cura e spese del richiedente, da stipularsi con il consorzio, nella quale è altresì determinato l’indennizzo per danni ambientali non ripristinabili o recuperabili; l’inizio dei lavori è subordinato alla preventiva stipula della convenzione.
4. Il consiglio direttivo, previo parere del comitato scientifico, approva la convenzione; detta deliberazione, unitamente alla bozza di convenzione e allo studio interdisciplinare è depositata, in libera visione, presso la segreteria del consiglio per trenta giorni consecutivi.
5. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al precedente quarto comma, chiunque ne abbia interesse può presentare osservazioni.
6. Il consiglio direttivo successivamente alla scadenza dei termini di cui al precedente quinto comma approva definitivamente, esaminate le eventuali osservazioni, la convenzione.
7. In relazione alla speciale natura dell’opera e agli interessi ambientali coinvolti, il consorzio, prima della deliberazione di cui al precedente quarto comma o durante il periodo di pubblicazione, può sollecitare il contributo di enti pubblici o associazioni ambientaliste nonché dell’U.S.S.L. competente per il territorio.
8. Il consorzio, nell’esprimere alla regione il parere di cui al terzo comma dell’art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, deve riferirsi allo studio interdisciplinare, previsto dal secondo comma del presente articolo, il quale deve essere prodotto, esclusivamente con i contenuti indicati dalle lettere b), c), d), e) dello stesso secondo comma, per ogni tipo di intervento sottoposto alla procedura di intesa disciplinata dal medesimo art. 81, terzo comma del D.P.R. 616/77; in tali casi non si applicano i disposti di cui ai precedenti commi terzo, quarto, quinto, sesto, settimo.

Titolo II
ZONIZZAZIONE

Art. 16. – Riserve naturali orientate: “zone umide”.

1. Sono individuate con apposito simbolo grafico nella tavola “azzonamento” le seguenti zone umide del parco, di rilevante valore naturalistico, che costituiscono riserve naturali orientate, ai sensi dell’art. 11, lett. b), della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, comprendenti le relative aree di rispetto:
–“Lago di Ganna” in comune di Valganna (R.O. 2.1)
–“Lago di Brinzio” in comune di Brinzio e Varese (R.O. 2.2)
–“Torbiera Pau Majur” in comune di Brinzio (R.O. 2.3)
–“Torbiera del Carecc” in comune di Castello Cabiaglio e Cuvio (R.O. 2.4)
2. Relativamente alla riserva naturale del Lago di Ganna le disposizioni del presente piano sostituiscono quelle contenute nella deliberazione del consiglio regionale n. III/1856 del 19 dicembre 1984 e modificano la delimitazione individuata nell’allegato A/b della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86.
3. Le riserve naturali orientate “zone umide” hanno le seguenti finalità:
– tutelare le caratteristiche naturali e paesaggistiche, archeologiche, etnologiche degli ambienti in esse ricompresi, con particolare riferimento a zone umide, laghi e torbiere;
– assicurare la qualità dell’ambiente, idoneo alla conservazione delle specie biologiche esistenti;
– promuovere e regolamentare la fruizione scientifica e didattica, disciplinare e controllare la fruizione ricreativa compatibile.
4. Per ciascuna delle riserve naturali orientate, di cui al presente articolo, è elaborato ai sensi del precedente art. 9 e, per quanto ivi non specificatamente disciplinato, in base a quanto previsto dall’art. 14 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, un piano della riserva. Ciascun piano deve essere preceduto da uno studio interdisciplinare integrativo degli studi relativi al P.T.C., basato sull’analisi delle componenti dell’ecosistema, ai fini di stabilirne la storia pregressa, la situazione attuale, le tendenze evolutive; a tal fine devono essere esaminati gli aspetti idrogeologici, limnologici, di fisionomia vegetazionale, zoologici ed in particolare ornitologici, paesistici e, per l’ambito “Lago di Ganna”, gli studi devono essere completati con l’esame degli aspetti archeologici ed etnologici.
Deve, inoltre, essere condotta una concomitante indagine volta ad individuare tutti i vincoli gravanti sul territorio, gli aspetti agronomici ed idrogeologici, nonché l’utilizzazione in atto del territorio stesso.
5. In relazione ai predetti studi, il piano della riserva potrà procedere ad una specifica articolazione del territorio secondo la classificazione di cui all’art. 11, primo comma, della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, nonché della relativa area di rispetto, dettando particolari prescrizioni riferite a detta articolazione interna, nonché individuare nuclei o aree particolarmente meritevoli dal punto di vista naturalistico da sottoporre a maggior tutela in funzione del perseguimento delle finalità della riserva.
6. Il piano della riserva dovrà prevedere norme per la regolamentazione delle attività antropiche esistenti nel territorio della riserva, tra cui l’agricoltura, l’uso e il governo dei boschi, l’allevamento di animali domestici, la pulizia e la manutenzione dei fossi con asportazione di materiale vegetale in decomposizione.
7. Nelle riserve orientate di cui al presente articolo è, comunque, vietato:
a) realizzare edifici;
b) realizzare insediamenti produttivi di qualsiasi tipo, compresi quelli di carattere zootecnico;
c) costruire infrastrutture in genere, fatto salvo quanto previsto dal piano della riserva in funzione delle finalità della riserva stessa ed eseguite dal consorzio o con lo stesso convenzionate;
d) aprire nuove strade, asfaltare, ampliare ovvero trasformare quelle esistenti;
e) coltivare cave e torbiere ed estrarre inerti o comunque esercitare qualsiasi attività che determini modifiche sostanziali della morfologia del suolo;
f) attuare interventi che modifichino il regime o la composizione delle acque, fatto salvo quanto previsto dal piano della riserva e direttamente eseguiti dal consorzio ovvero con lo stesso convenzionati;
g) impiantare pioppeti artificiali o altre colture arboree a rapido accrescimento;
h) effettuare interventi di bonifica della zona umida;
i) raccogliere, asportare o danneggiare la flora spontanea, fatte salve le attività previste dal piano della riserva, eseguite direttamente dal consorzio ovvero dallo stesso autorizzate;
l) mutare la destinazione a bosco dei suoli;
m) effettuare tagli dei boschi se non previa autorizzazione del consorzio;
n) effettuare qualsiasi intervento che comporti un mutamento di destinazione colturale ovvero una trasformazione d’uso dei boschi, fatto salvo quanto previsto dal piano della riserva e direttamente eseguito dal consorzio ovvero dallo stesso autorizzato, ai sensi della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9;
o) effettuare tagli di piante arboree isolate o inserite in filari, nonché di siepi arboree ed arbustive lungo il margine di strade, corpi d’acqua o coltivi, se non autorizzati dal consorzio ai sensi della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9;
p) costruire recinzioni fisse della proprietà, se non con siepi a verde e con specie tipiche della zona, previo parere del consorzio;
q) esercitare la caccia, disturbare, danneggiare, catturare o uccidere animali selvatici, raccogliere o distruggere i loro nidi, tane o giacigli, danneggiare o distruggere il loro ambiente, fatte salve le attività previste dal piano della riserva, gli interventi di carattere igienico-sanitario e la ricerca scientifica, eseguiti direttamente dal consorzio ovvero dallo stesso autorizzati, nonché quanto previsto dalla successiva lett. r);
r) esercitare attività alieutica, fatta salva l’esecuzione di interventi volti a migliorare la struttura del popolamento ittico o, comunque, degli interventi gestionali previsti dal piano della riserva e direttamente eseguiti dal consorzio ovvero da questo autorizzati; sono fatte salve le concessioni in atto di diritti esclusivi di pesca;
s) introdurre cani se non al guinzaglio;
t) introdurre specie animali o vegetali estranee;
u) costruire depositi permanenti o temporanei di materiali dismessi, anche se in forma controllata;
v) transitare con mezzi motorizzati, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per quelli occorrenti all’attività agricola e forestale;
z) esercitare la navigazione con mezzi da diporto forniti di motore;
y) effettuare studi o ricerche che comportino prelievi in natura, se non autorizzati dal consorzio, nonché esercitare ogni altra attività, anche temporanea, indicata dal piano della riserva come incompatibile con le finalità della riserva stessa ovvero comportante alterazione della qualità dell’ambiente.
8. Nell’area di rispetto della riserva orientata “Lago di Ganna” si applicano tutte le disposizioni di cui al precedente settimo comma, tranne il divieto di introdurre cani.
9. Lo sfalcio del canneto è consentito solo nei limiti e con le modalità stabilite dal piano della riserva.

Art. 17. – Riserva naturale parziale del Monte Campo dei Fiori.
1. Il P.T.C. individua con apposito segno grafico il perimetro della riserva naturale del Monte Campo dei Fiori, che ricomprende il complesso delle aree di maggior valore naturale e paesistico del Monte, le quali, essendo caratterizzate dalla presenza di molteplici elementi di interesse geolitologico, botanico, forestale, zoologico e paesaggistico, necessitano di essere sottoposte a gestione unitaria ed a pianificazione attuativa coordinata su base interdisciplinare ai sensi del precedente art. 9 e, per quanto ivi non specificatamente disciplinato, ai sensi dell’art. 14 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86.
2. Alla riserva naturale del Monte Campo dei Fiori è attribuita la classificazione di riserva naturale parziale ai sensi dell’art. 11, primo comma, lett. c), della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, in considerazione degli specifici elementi di interesse identificati dal precedente primo comma; è demandata al piano della riserva, di cui al successivo quarto comma, la determinazione della specifica articolazione del territorio di cui all’art. 11, primo comma della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, nonché della relativa area di rispetto, dettando particolari prescrizioni riferite a detta articolazione interna, nonché individuare aree particolarmente meritevoli dal punto di vista naturalistico da sottoporre a maggior tutela in funzione del perseguimento delle finalità della riserva stessa.
3. La presente riserva naturale ha le seguenti finalità:
– tutela della flora rupicola, con particolare riferimento ai versanti rocciosi settentrionali del Campo dei Fiori, Monte Pizzelle, dei sistemi carsici di vetta, delle potenzialità faunistiche, dei valori paesistici;
– conservazione e ripristino delle caratteristiche naturali e paesaggistiche dell’ambiente spaziale incentrato sui sentieri, garantendo la presenza dei relativi coni visuali e l’apprezzamento dei panorami;
– programmazione degli interventi selvicolturali necessari per il riequilibrio forestale e la tutela della complessità ecologica dei boschi, tenendo conto, ove necessario, dei preminenti motivi di interesse faunistico e della stabilità dei versanti, della conservazione e riqualificazione dei valori paesistici;
– tutela e riqualificazione del patrimonio faunistico, garantendo la conservazione degli endemismi e fornendo l’incremento delle caratteristiche vocazionali del territorio mediante il completamento delle zoocenosi presenti ed il miglioramento ambientale;
– promozione e disciplina della fruizione didattico ricreativa compatibile.
4. Il piano della riserva è elaborato ai sensi del precedente art. 9 e, per quanto ivi non specificatamente disciplinato, in base a quanto previsto dall’art. 14 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, e deve essere preceduto da uno studio interdisciplinare delle componenti dell’ecosistema, ai fini di stabilirne la storia pregressa, la situazione attuale, le tendenze evolutive; a tal fine devono essere esaminate in particolare gli aspetti geolitologici, di fisionomia vegetazionale e di composizione floristica, zoologici e paesistici; in relazione ai predetti studi il piano della riserva deve provvedere alla specifica articolazione del territorio di cui al precedente secondo comma, dettando le specifiche disposizioni indicate nel comma medesimo. Il piano della riserva dovrà in particolare:
– provvedere alla protezione e conservazione del particolare ambiente naturale dei pendii rocciosi del Campo dei Fiori, con specifico riguardo al sistema carsico di ricarica della falda freatica verso il versante meridionale, nonché alla conservazione e tutela della flora rupicola e delle aree prative;
– individuare le aree da assoggettare a specifici progetti e programmi di opere nel campo del rimboschimento, della sistemazione idraulica e forestale, del riassetto dei versanti;
– individuare le differenti tipologie vegetazionali e forestali presenti all’interno della riserva naturale, indicando le forme di governo e gli interventi più idonei al raggiungimento delle finalità istitutive;
– indicare le modalità di tutela ed il censimento dei soggetti arborei più vecchi e di particolare interesse vegetazionale e paesistico, per i quali l’abbattimento è consentito solo qualora siano fonte di patologie forestali, fortemente infettive o costituiscano pericolo per la pubblica incolumità;
– stabilire le modalità ed i criteri per la salvaguardia paesistica degli ambiti spaziali, incentrati sui sentieri, con particolare riferimento alla tutela e al reimpianto degli esemplari arborei che costituiscono allineamenti lungo i sentieri, dettando norme relative al governo dei boschi atte a favorire il mantenimento di un rapporto di copertura in grado di non provocare alterazioni negative ai livelli di unitarietà e fruibilità degli orizzonti paesistici e spaziali;
– individuare le radure coltivate a prato stabile e le modalità di utilizzo agrario delle stesse;
– indicare le modalità di intervento per la protezione e la difesa del suolo;
– formulare le direttive e indicare gli interventi finalizzati all’incremento della vocazionalità faunistica della riserva naturale prevedendo le caratteristiche dei necessari ripristini ambientali;
– individuare gli accessi ed i percorsi interni della riserva e regolamentarne la fruizione.
5. Nella riserva naturale di cui al presente articolo è, comunque, vietato:
a) realizzare nuovi edifici, nonché attuare interventi in quelli esistenti, fatte salve le sole opere di demolizione dei ruderi esistenti;
b) costruire infrastrutture in genere, fatto salvo quanto previsto dal piano della riserva in funzione delle finalità istitutive e direttamente eseguito dal consorzio o con lo stesso convenzionato;
c) realizzare insediamenti produttivi di qualsiasi tipo, compresi quelli di carattere zootecnico;
d) aprire nuove strade, asfaltare, ampliare o operare la trasformazione d’uso di quelle esistenti fatti salvi gli interventi previsti dal piano per la sistemazione dei sentieri e delle piste forestali al fine di ottimizzare le pratiche selvicolturali necessarie, nonché quelli relativi al mantenimento delle attrezzature fisse esistenti per l’esercizio di attività sportive in atto;
e) coltivare cave o estrarre inerti ed esercitare qualsiasi attività che determini modifiche sostanziali della morfologia del suolo;
f) prelevare e danneggiare fossili minerali o concrezioni anche in cavità ipogee, fatta salva l’attività scientifica, da effettuarsi previa autorizzazione del consorzio;
g) realizzare recinzioni, salvo quelle temporanee a protezione delle aree di nuova piantagione, da eseguirsi previo parere del consorzio;
h) attuare interventi che modifichino il regime o la composizione delle acque, ad esclusione di quanto previsto dal piano della riserva e direttamente eseguito dal consorzio o con esso convenzionato, fatte, comunque, salve le competenze in materia di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione;
i) mutare la destinazione dei suoli anche non boscati;
l) disturbare, danneggiare, catturare e uccidere animali selvatici ivi compreso l’esercizio della caccia, raccogliere o distruggere i loro nidi, tane e giacigli, fatte salve le attività previste dal piano della riserva, gli interventi di carattere igienico sanitario e la ricerca scientifica, eseguiti dal consorzio o dallo stesso autorizzati;
m) introdurre cani se non al guinzaglio;
n) introdurre specie animali o vegetali estranee;
o) impiantare colture arboree a rapido accrescimento;
p) raccogliere flora spontanea, fatta salva la raccolta di funghi epigei ai sensi della legge regionale 12 agosto 1989, n. 31, ed in conformità al regolamento del parco;
q) svolgere attività pubblicitaria, organizzare manifestazioni folcloristiche o sportive;
r) costruire discariche di rifiuti di qualsiasi tipo ovvero depositi permanenti o temporanei di materiali dismessi, anche se in forma controllata, fatto salvo l’ammasso temporaneo di materiali, quale ad esempio ramaglie e legname, connessi con la normale pratica silvicolturale;
s) allestire attendamenti o campeggi;
t) transitare con mezzi motorizzati, fatta eccezione per i mezzi di servizio o per quelli occorrenti all’attività forestale;
u) esercitare il pascolo ed il transito con ovini, bovini, suini ed equini;
v) esercitare ogni altra attività, anche di carattere temporaneo, indicata dal piano della riserva, che comporti alterazioni alla qualità dell’ambiente naturale, incompatibili con le finalità della riserva.

Art. 18. – Riserva naturale orientata della Martica Chiusarella.
1. Il P.T.C. individua con apposito segno grafico il perimetro della riserva naturale della Martica Chiusarella.
2. La presente riserva è classificata orientata ed ha le seguenti finalità:
– conservazione e ripristino delle caratteristiche naturali e paesaggistiche;
– orientare scientificamente l’evoluzione delle biocenosi forestali, programmando gli interventi selvicolturali necessari per il riequilibrio forestale ed idrogeologico tenendo conto, ove necessario, di preminenti interessi di ordine faunistico, della stabilità dei versanti, della conservazione e riqualificazione dei valori paesaggistici;
– tutela e riqualificazione del patrimonio faunistico, favorendo le caratteristiche vocazionali del territorio mediante il completamento delle zoocenosi presenti ed il miglioramento ambientale;
– salvaguardia geomorfologica ed idrogeologica, con prioritario interesse nella protezione delle sorgenti e corpi idrici superficiali;
– promozione e disciplina della fruizione didattico-culturale compatibile.
3. Il piano della riserva è elaborato ai sensi del precedente art. 9 e, per quanto ivi non specificatamente disciplinato, in base a quanto previsto dall’art. 14 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, e deve essere preceduto da uno studio interdisciplinare delle componenti dell’ecosistema, ai fini di stabilirne la storia pregressa, la situazione attuale, le tendenze evolutive; a tal fine devono essere esaminate in particolare gli aspetti geolitologici, di fisionomia vegetazionale e di composizione floristica, zoologici e paesistici.
In particolare il piano della riserva dovrà:
– individuare un programma di interventi selvicolturali ad indirizzo naturalistico, finalizzato alla riqualificazione ed al potenziamento delle aree boscate, con particolare riferimento al riequilibrio ecologico, alla protezione idrogeologica;
– prevedere gli interventi per la tutela ed il potenziamento del patrimonio faunistico, con particolare riferimento alla protezione ed all’incremento dei siti riproduttivi e, relativamente alle aree limitrofe alle sedi viarie, alla minimizzazione dei rischi dovuti al pericolo di isolamento geografico, all’accumulo di inquinanti, alle cause di morti accidentali;
– individuare aree di sperimentazione per lo studio dell’evoluzione spontanea e l’insediamento del pino silvestre;
– indicare gli interventi di difesa fitosanitaria e di salvaguardia dagli incendi boschivi;
– individuare gli accessi ed i percorsi interni alla riserva e regolamentarne la fruizione.
4. Nella riserva naturale di cui al presente articolo è, comunque, vietato:
a) realizzare nuovi edifici, nonché attuare interventi di qualunque tipo su quelli esistenti, fatta salva la demolizione nonché le opere di restauro e risanamento conservativo esclusivamente riferite alle strutture della preesistente miniera di piombo, da eseguirsi secondo le modalità definite dal piano della riserva, di cui al precedente terzo comma, il quale può prevedere anche il relativo mutamento di destinazione d’uso e la realizzazione di opere edilizie necessarie per la difesa dei boschi e per soddisfare le esigenze didattico-culturali, da eseguirsi previa acquisizione degli immobili da parte del consorzio ovvero mediante convenzioni con lo stesso;
b) realizzare insediamenti produttivi compresi quelli di carattere zootecnico;
c) costruire infrastrutture in genere, fatto salvo quanto previsto dal piano della riserva in funzione delle finalità istitutive e direttamente eseguite dal consorzio o con lo stesso convenzionate;
d) aprire nuove strade e sentieri, asfaltare e ampliare quelle esistenti o operare la trasformazione d’uso, fatta eccezione per le piste di servizio espressamente previste dal piano della riserva, con particolare riferimento alla difesa antincendio;
e) coltivare cave o estrarre inerti ed esercitare qualsiasi attività che determini modifiche della morfologia del suolo;
f) prelevare o danneggiare fossili, minerali e concrezioni anche in cavità ipogee, fatta salva l’attività scientifica, da effettuarsi previa autorizzazione del consorzio;
g) realizzare recinzioni, fatte salve quelle temporanee delle sole aree interessate da interventi di miglioria forestale;
h) attuare interventi che modifichino il regime o la composizione delle acque, ad esclusione di quanto previsto dal piano della riserva e direttamente eseguito dal consorzio o con lo stesso convenzionato, e fatte salve le competenze in materia di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione;
i) impiantare colture arboree a rapido accrescimento;
l) effettuare interventi che comportino un mutamento di destinazione colturale ovvero una trasformazione d’uso dei boschi, fatto salvo quanto previsto dal piano della riserva e direttamente eseguito dal consorzio o con lo stesso convenzionato;
m) esercitare il pascolo ed il transito di ovini, bovini, suini ed equini;
n) accendere fuochi;
o) impiantare campeggi liberi o organizzati;
p) raccogliere, asportare o danneggiare la flora spontanea ivi compresi i funghi;
q) introdurre specie animali o vegetali estranee;
r) esercitare la caccia;
s) disturbare, danneggiare, catturare o uccidere animali, raccogliere o distruggere i loro nidi, tane e giacigli, fatte salve le attività previste dal piano della riserva, gli interventi di carattere igienico-sanitario e la ricerca scientifica, eseguiti dal consorzio ovvero dallo stesso autorizzati;
t) introdurre cani se non al guinzaglio;
u) svolgere attività pubblicitarie, organizzare manifestazioni folkloristiche e sportive;
v) realizzare discariche di rifiuti di qualsiasi tipo ovvero depositi permanenti o temporanei di materiali dismessi anche se in forma controllata;
z) transitare con mezzi motorizzati, fatta eccezione per quelli di servizio ovvero occorrenti all’attività forestale;
y) esercitare ogni altra attività, anche di carattere temporaneo, che comporti alterazioni alla qualità dell’ambiente naturale, incompatibili con le finalità della riserva.

Art. 19. – Monumenti naturali.
1. Nel territorio del parco sono sottoposti a specifica tutela come monumenti naturali, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 24 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, i fenomeni di particolare interesse geologico e le piccole zone umide di rilevante interesse erpetologico, individuati con apposito segno grafico nella tavola “zonizzazione” e qui di seguito elencati;
I - Fenomeni geologici:
a) Fonte del Ceppo;
b) Sorgente sulla SP 45 in comune di Cuvio;
c) Marmitte dei giganti del torrente Vallone;
d) Masso erratico di Brinzio;
e) Forre della Valganna;
f) Cascata del Pesegh;
II - Zone umide:
a) Laghetto della Motta d’oro;
b) Stagno della Tagliata.
2. È vietata qualunque alterazione dei suddetti monumenti naturali e dell’area su cui gli stessi insistono.
3. Il consorzio, nel rispetto del disposto di cui al precedente secondo comma e della normativa della zona in cui detti monumenti naturali ricadono, provvede alle opere necessarie per la conservazione e alla apposizione delle tabelle segnaletiche di cui all’art. 32 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, nonché agli interventi finalizzati alla manutenzione, al ripristino ed alla valorizzazione delle aree su cui detti monumenti naturali insistono e delle relative caratteristiche paesaggistiche promuovendo la fruizione pubblica a fini didattici e scientifici.

Art. 20. – Zona a parco forestale.
1. Sulla tavola di piano “zonizzazione”, in scala 1:10.000, sono individuate con apposito segno grafico e sigla “PF” quelle parti del territorio del parco classificate come zona a parco forestale.
2. In tale zona PF la gestione del territorio è prioritariamente finalizzata alla valorizzazione e tutela delle superfici forestali autoctone, considerate come insieme delle loro componenti arboree, floristiche e faunistiche.
3. L’area è classificata area b) ai sensi e per gli effetti dell’art. 2 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9.
4. Ad esclusione di quanto previsto dal successivo settimo comma, nella presente zona è vietata la realizzazione di nuove costruzioni.
5. Coltivi, prati ed incolti, interclusi nella zona PF, potranno mantenere la destinazione e dimensione colturale in essere alla data di entrata in vigore del presente piano, anche attraverso interventi di ripulitura della vegetazione arbustiva ed arborea colonizzatrice.
6. Ovunque possibile, all’apertura di nuovi tracciati di servizio o di viali e fasce parafuoco andrà preferita la manutenzione, ordinaria e straordinaria, della viabilità già esistente, con particolare attenzione allo scarico e dispersione delle acque di superficie; la pavimentazione dovrà essere a fondo naturale o, comunque, discontinuo.
7. Sono vietati i disboscamenti delle superfici forestali sia ad alto fusto che cedui, ad esclusione di quelli necessari allo svolgimento di attività forestali o di pubblica utilità da sottoporre, comunque, a preventiva autorizzazione del consorzio, da rilasciarsi, rispettivamente, ai sensi degli artt. 5 e 6 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9 e, per i terreni soggetti a vincolo idrogeologico, ai sensi dell’art. 25 della legge regionale 5 aprile 1976, n. 8, come modificato dall’art. 19, della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 80, fatta, comunque, salva la competenza di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione.
8. Nei casi di cui al precedente settimo comma, le autorizzazioni ivi previste devono prevedere il reimpianto in occasione di mutamenti di destinazione d’uso del suolo temporanei o interventi di compensazione ambientale in caso di mutamenti d’uso del suolo a carattere definitivo.
9. Allo scopo di impedire il degrado della viabilità di servizio all’interno delle aree boscate, sulla stessa è vietato il transito ordinario di autoveicoli e motoveicoli, ad eccezione dei mezzi di servizio o di quelli dei proprietari ed utilizzatori dei terreni interessati; sui sentieri di larghezza inferiore a ml 1,50 è altresì vietato il transito di mountain-bikes; il consorzio individuerà nel piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. a), i tracciati in cui è consentito il transito di cavalli.
10. Fatto salvo quanto previsto specificatamente nel presente articolo, per la gestione del patrimonio forestale in zona PF si applicano le disposizioni di cui al successivo art. 27.
11. Fatto salvo quanto specificatamente previsto dal successivo art. 29, sesto comma, relativamente ai rustici, sugli edifici di tipo diverso, esistenti nella presente zona, possono essere realizzati esclusivamente gli interventi edilizi previsti dall’art. 31, lettere a), b), c), d) della legge 5 agosto 1978, n. 457.

Art. 21. – Zona a parco forestale-agricolo.
1. Sono individuate con apposito segno grafico e sigla “PFA”, nella tavola di piano “zonizzazione”, in scala 1:10.000, quelle aree del territorio del parco classificate zona a parco forestale-agricolo, attualmente destinate ad attività agricole o forestali, in cui dette attività vanno mantenute e valorizzate in maniera compatibile con le finalità paesistico ambientali del parco.
2. Nelle aree ricomprese nella presente zona, destinate ad attività agricola, al momento di entrata in vigore del presente P.T.C., l’edificazione è disciplinata dai disposti di cui alla legge regionale 7 giugno 1980, n. 93; al fine del computo dei volumi realizzabili, è ammessa l’utilizzazione di tutti gli appezzamenti componenti l’azienda agricola, anche non contigui, purché ricompresi entro il perimetro del parco.
3. Nelle aree di cui al precedente secondo comma, la realizzazione di serre o tunnel di copertura per l’esercizio dell’attività ortoflorofrutticolovivaistica è consentita esclusivamente entro il limite massimo di copertura del 10% dell’intera superficie aziendale.
4. Nelle aree ricomprese nella presente zona “PFA”, attualmente destinate all’esercizio dell’attività agricola, il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. b):
a) predispone, nel rispetto di quanto previsto dal successivo art. 29, l’abaco dei colori e dei materiali per gli intonaci esterni degli edifici destinati all’abitazione rurale, da utilizzarsi nelle nuove edificazioni e nel recupero dell’esistente;
b) disciplina le modalità esecutive, relative ai manti di copertura, da utilizzarsi nelle nuove edificazioni rurali, nonché nel recupero dell’esistente, da effettuarsi in coppi o materiali ammissibili per forma e colore.
5. Sugli edifici esistenti nella presente zona, non destinati all’esercizio dell’attività agricola, sono ammessi esclusivamente gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, nonché la realizzazione di pertinenze degli edifici stessi, nel rispetto degli indici edilizi previsti dagli strumenti urbanistici comunali.
6. Previo parere del consorzio e nel rispetto dei disposti di cui al successivo art. 29, possono essere realizzate, nelle aree attualmente destinate ad attività agricola, solo recinzioni connesse ad esigenze di tutela degli edifici agricoli e relative pertinenze, nonché quelle per l’esercizio di attività ortoflorovivaistiche e di allevamento; sono, inoltre, sempre ammesse le recinzioni a verde e quelle temporanee per la protezione di nuove vegetazioni o per altri motivi, da documentare presso il consorzio, relativi all’esercizio dell’attività agricola.
7. Nelle aree ricomprese nella presente zona ed attualmente destinate ad attività agricola è sempre ammesso l’esercizio dell’attività agrituristica, nel rispetto dei disposti di cui alla legge regionale 31 gennaio 1992, n. 3 e di quelli stabiliti dai successivi artt. 29 e 30; ai fini agrituristici, possono essere realizzati sugli edifici esistenti, destinati ad attività agricola, gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, nel rispetto degli indici edilizi previsti dagli strumenti urbanistici comunali.
8. Nelle aree comprese nella presente zona, attualmente destinate ad attività agricola, è vietato introdurre nuovi allevamenti suinicoli ed avicunicoli, ad esclusione di quelli destinati all’uso familiare.
9. Il pascolo ovino e caprino è esercitato nelle aree all’uopo individuate mediante apposito regolamento d’uso.
10. Nelle aree attualmente destinate ad attività agricola, ricomprese nella presente zona, il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. c) individua le aree di parcheggio a fini agrituristici, nonché le modalità per la realizzazione di detti parcheggi.
11. In tutte le aree attualmente boscate, secondo la definizione dell’art. 3 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 80, comprese nella presente zona, sono vietati i disboscamenti delle superfici forestali sia ad alto fusto che cedui, tranne che per attività forestali o di pubblica utilità, da effettuarsi previa autorizzazione del consorzio, da rilasciarsi rispettivamente ai sensi degli artt. 5 e 6 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9 e, per i territori soggetti a vincolo idrogeologico, ai sensi dell’art. 25 della legge regionale 5 aprile 1976, n. 8, come modificato dall’art. 19 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 80, con i contenuti di cui al precedente art. 20, settimo comma, del presente piano, fatta, naturalmente, salva la competenza di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione.
12. Nelle aree boscate esistenti, ricomprese nella presente zona, si applicano le norme di settore di cui al successivo art. 27, ad eccezione degli impianti a rapido accrescimento soggetti esclusivamente a disposti di cui all’art. 7 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9.
13. In tutte le aree ricomprese nella presente zona è, altresì, vietato:
– installare campeggi o attrezzature per il deposito di roulottes, fatto salvo, con esclusivo riferimento alle aree attualmente destinate ad attività agricola, quanto previsto dall’art. 10, quarto comma della legge regionale 31 gennaio 1992, n. 3.
– usare mezzi motorizzati al di fuori delle strade carrabili tranne che per i mezzi pubblici o di servizio, i mezzi forestali e antincendio e quelli necessari per la coltivazione agricola o forestale, nonché connessi all’esercizio dell’attività agrituristica, laddove consentita, e alla sua fruizione.
14. Nelle aree attualmente destinate ad attività agricola, comprese nella presente zona, l’abbattimento di piante isolate e dei filari è disciplinato dal successivo art. 27, nono comma; in dette aree deve, inoltre, essere conservato allo stato esistente l’equipaggiamento naturale arboreo; è, comunque, fatta salva la possibilità di effettuare la pulizia di fossi e canali.
15. Nelle aree comprese nella presente zona è ammessa, previo parere del consorzio e fatte salve le competenze di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione, la realizzazione o sistemazione degli accessi carrai agli edifici esistenti.
16. Nei terrazzamenti attualmente esistenti nella presente zona è possibile l’esercizio dell’attività agricola o il ritorno all’attività stessa, ed è, inoltre, ammessa, previo parere del consorzio e fatte salve le competenze di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione, l’esecuzione di opere di consolidamento del suolo, di sistemazione, nonché di modifica morfologica dei terrazzamenti medesimi.
17. Con apposito regolamento il consorzio può individuare, per le aree di cui al precedente secondo comma, pratiche agronomiche ambientalmente compatibili da eseguirsi in base a convenzione tra il consorzio e l’agricoltore interessato, in cui stabilire le modalità di assistenza tecnica che il consorzio dovrà fornire all’agricoltore, nonché la corresponsione, da parte del consorzio stesso, di incentivi economici.

Art. 22. – Zona a parco attrezzato.
1. La tavola grafica di piano “zonizzazione”, in scala 1:10.000, individua, con apposito segno grafico, quelle parti del territorio del parco, classificate “parco attrezzato”, identificate con sigla “PAT”, nelle quali la destinazione funzionale delle aree è finalizzata pioritariamente, nel rispetto dei fini di tutela del piano, alla realizzazione del verde attrezzato pubblico, al mantenimento di attrezzature a verde e sport in atto, anche di proprietà o in gestione privata, al mantenimento o realizzazione di attrezzature pubbliche o di interesse pubblico, di tipo culturale, sociale o funzionale alla fruizione del parco.
2. All’interno della presente zona sono individuate e perimetrate con apposito segno grafico, quelle aree, identificate con sigla “Y” e relativo numero progressivo, elencate nel successivo comma quarto, le quali, per le loro caratteristiche, necessitano di una specifica disciplina, indicata nel medesimo quarto comma.
3. Il piano di settore, di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. c), individua le aree, ubicate nella presente zona, in cui realizzare gli interventi, definiti dal piano di settore stesso, nel rispetto delle seguenti norme:
a) per ogni aree attrezzata dovrà essere indicato:
– il carico antropico sopportabile in relazione all’utilizzazione prevista;
– l’ipotesi di assetto generale dell’area;
– l’ubicazione, l’estensione e l’attrezzatura delle aree a verde e parcheggio;
– la localizzazione di tutti gli interventi previsti;
– la disposizione e le caratteristiche degli impianti a rete, con particolare riguardo agli impianti di smaltimento rifiuti (solidi e liquidi), nonché la loro connessione alle reti comunali di allontanamento;
b) per le aree che il piano di settore individua come da mantenere allo stato naturale dovrà essere privilegiato un assetto che ne valorizzi le caratteristiche ambientali pur consentendo l’inserimento di elementi per favorirne la fruizione, quali panchine, tavoli da pic-nic, servizi igienici;
c) in presenza di edifici rustici dovrà essere data dal piano di settore priorità alla loro trasformazione a servizio dell’area attrezzata, per funzioni di accoglienza e ristoro; la relativa area di pertinenza potrà essere recintata con funzione di protezione della struttura, uniformandosi alle disposizioni, relative alle recinzioni, di cui al successivo art. 29;
d) per le aree individuate dal piano di settore come “verde attrezzato”, la superficie a verde deve essere adeguatamente attrezzata con specie arboree autoctone e le superfici pavimentate devono essere realizzate con materiali filtranti, mantenendo un rapporto tra area pavimentata e area a verde non superiore a 1 mq ogni 10 mq; in tali aree non è ammesso la realizzazione di attrezzature sportive, ma è consentita la sola installazione di strutture per il gioco dei bambini; è, altresì, consentita l’edificazione di piccoli chioschi, purché strettamente funzionali alle esigenze dell’utenza e con superficie lorda di pavimento non superiore a mq 100 per ogni singola area a verde attrezzato;
e) il piano di settore nell’individuare le aree destinate ad attrezzature turistiche, sportive, ricettive, culturali e sociali, pubbliche o di interesse pubblico, nonché private o in gestione a privati, deve definire le modalità esecutive degli interventi da realizzare sulle aree stesse.
4. Per le aree di parco attrezzato individuate con sigla “Y” e relativo numero progressivo dal presente piano territoriale di coordinamento, il piano di settore prevede le modalità di intervento e di utilizzo nel rispetto delle destinazioni ammesse per ciascuna area, di seguito indicate; i progetti di intervento in tali aree sono necessariamente sottoposti a convenzione con il consorzio, atta a garantire e definire nel dettaglio la specifica disciplina del piano di settore; le aree “Y” e le relative destinazioni d’uso ammesse sono le seguenti:
– Area Y1: Cittadella delle scienze della natura, per la quale sono confermate le destinazioni attualmente in atto e possono trovare sede tutte le altre attività di carattere scientifico, tecnologico e di ricerca, finalizzate al potenziamento e completamento di quelle esistenti, nonché attività volte al mantenimento e conservazione della vegetazione presente;
– Area Y2: Grande Albergo Tre Croci, per il quale sono ammesse attività di interesse collettivo, turistico-ricettivo, residenziale, per infrastrutture tecnologiche in località Forte Belvedere, nonché la palestra di roccia relativamente alla quale il piano di settore, ovvero uno specifico regolamento d’uso, può disciplinarne la fruizione al fine di proteggere nidificazioni o stazioni di flora rara o fenomeni carsici;
– Area Y3: Cascina Redaelli e Cascina Tagliata per le quali deve essere mantenuta la destinazione attualmente in atto per attività di carattere sociale.
5. Ai sensi del precedente art. 8, settimo comma, il piano di settore di cui al presente articolo può essere approvato per stralci, equivalenti a singole aree.
6. Per le attrezzature esistenti a verde e sport, di proprietà o gestione privata, sono ammessi unicamente, anche prima dell’approvazione del piano di settore, di cui al presente articolo, interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, tesi al mantenimento delle attività in atto, da eseguire in base a convenzione con il consorzio del parco.
7. Per le attrezzature sportive esistenti sono ammessi esclusivamente, anche prima dell’approvazione del piano di settore di cui al presente articolo, interventi di adeguamento funzionale, comportanti la creazione di strutture di supporto alle attività sportive, quali spogliatoi e servizi igienici, dimensionati in relazione alla tipologia delle attrezzature sportive, da eseguirsi in base a convenzione con il consorzio del parco.
8. Nelle aree attualmente già destinate a parco attrezzato, caratterizzate da strutture già esistenti, sono ammessi, anche prima dell’approvazione del piano di settore di cui al presente articolo, esclusivamente interventi conservativi o di adeguamento funzionale, purché attuati nell’ambito dei volumi esistenti ed in base a convenzione con il consorzio del parco.
9. Prima dell’approvazione del piano di settore di cui al presente articolo, fatti salvi i disposti di cui ai precedenti sesto, settimo e ottavo comma, sono ammessi unicamente interventi sugli edifici esistenti, consistenti esclusivamente in quelli di cui alle lettere a) e b) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457; è, altresì, vietato il mutamento della destinazione d’uso di detti immobili anche senza l’esecuzione di opere edilizie; possono essere, comunque, realizzate quelle opere di ripristino di parti ammalorate o pericolanti dei fabbricati, imposte dalla pubblica autorità a protezione dell’incolumità pubblica o in base a specifiche leggi di settore.

Art. 23. – Zona di interesse storico-ambientale.
1. La tavola grafica di piano “zonizzazione” individua con apposito segno grafico e sigla “SA” quelle parti del territorio del parco, classificate come zone di interesse storico ambientale, nelle quali la disciplina del territorio è finalizzata alla salvaguardia dei valori storici, architettonici e ambientali degli insediamenti, valutati sia per il valore dell’edificato sia per quello degli spazi di connettivo.
2. Nella presente zona sono compresi sia immobili vincolati ai sensi della legge 1º giugno 1939, n. 1089 sia beni definiti di interesse storico ambientale dal presente piano, entrambi perimetrati come ambiti con sigla SA e relativo numero progressivo. Tali ambiti si dividono in:
a) ambiti comprendenti i seguenti nuclei:
– ambito SA 1: Bregazzana, in comune di Varese
– ambito SA 2: La Rasa, in comune di Varese
– ambito SA 3: S. Maria del Monte, in comune di Varese 34
– ambito SA 4: Cerro, in comune di Cocquio Trevisago
– ambito SA 5: Brinzio, in comune di Brinzio
– ambito SA 6: Cà dé Monti, in comune di Gavirate
b) ambiti circoscritti ai seguenti singoli edifici:
– ambito SA 7: Rocca di Orino, in comune di Orino.
3. Tutti gli immobili ricadenti nella presente zona devono essere classificati, in sede di variante di adeguamento dello strumento urbanistico generale comunale, di cui al precedente art. 4, primo comma, come zone territoriali omogenee di cui alla lett. a) dell’art. 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.
4. Le aree comprese nella presente zona sono dichiarate di interesse sovraccomunale ai sensi dell’art. 5 della legge regionale 12 marzo 1984, n. 14.
5. Con il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. b), del presente piano, il consorzio:
– promuove studi ed analisi degli ambiti di cui al precedente secondo comma, lettere a) e b), riportandoli, in conformità all’azzonamento operato dal presente piano, in scala 1:1.000 o 1:500, comprendendo anche le relative aree di pertinenza;
– definisce le norme di tutela e disciplina, graduando gli interventi edilizi ammessi sugli immobili esistenti, consistenti esclusivamente in quelli di cui all’art. 31, lettere a), b), c), d) della legge 5 agosto 1978, n. 457, in rapporto al loro valore storico;
– ambientale ed in considerazione delle loro caratteristiche architettoniche e al loro grado di conservazione, prevedendo progetti esecutivi di intervento, di cui al precedente art. 12, da sottoporre ad approvazione consortile e da eseguirsi direttamente dal consorzio o dagli enti pubblici consorziati o in base a convenzione con il consorzio, esclusivamente per quei comparti, all’uopo individuati dal piano di settore, caratterizzati da un elevato livello di commistione e di degrado, tali da necessitare una riprogettazione complessiva mediante interventi di ristrutturazione urbanistica, di cui all’art. 31, lett. e) della legge 5 agosto 1978, n. 457, per la cui esecuzione l’approvazione del progetto esecutivo costituisce condizione necessaria;
– garantisce l’unitarietà dei siti e del loro apprezzamento percettivo anche da punti visuali lontani, dettando norme per l’impiego di tecniche di realizzazione e di materiali che mantengano o restituiscano tale unitarietà con il valore materico e di colore;
– individua specifici ambiti spaziali entro cui l’edificazione ed il connettivo offrono valori visuali e percettivi unitari, dettando norme per la conservazione e il ripristino di tali valori;
– individua i particolari ambienti che per le loro caratteristiche geometriche, dimensionali, formali e la significatività delle quinte edificate, che su di essi si affacciano, nonché per particolari valori scenici offerti dalla presenza di orizzonti visuali che consentano l’apprezzamento di panorami naturali o costruiti, sono da tutelare nella loro intierezza e complessità, dettando norme idonee al perseguimento di tale scopo;
– elabora una tavola di inquadramento paesistico da cui risultino i rapporti con l’ambiente circostante, come caratterizzati dai coni visuali e orizzonti di particolare interesse; tali elementi devono essere verificati sia se apprezzabili dall’interno del nucleo, sia se apprezzabili da altre parti del parco;
– studia in modo coordinato anche mediante la proposta di abachi delle possibili soluzioni, gli elementi di arredo urbano, le vetrine, mostre, insegne e simili; tali disposizioni possono riguardare anche gli impianti di pubblica illuminazione e gli elementi visibili degli impianti a rete quali punti illuminanti, contatori gas, quadri elettrici e simili;
– detta norme sulla pavimentazione delle strade, piazze, spazi pubblici in genere e spazi privati, da realizzarsi mediante materiali discontinui, riproponenti valori percettivi della tradizione, in armonia con l’edificato, con esclusione delle finiture ad asfalto o, in genere, a superficie continua;
– individua i manufatti accessori, quali muri di cinta, pozzi, fontane, lampioni e simili, se portatori dei valori storici e della tradizione, da mantenersi nella loro integrità formale, materica, geometrica, nella loro ubicazione o andamento planivolumetrico;
– rileva le opere e le tecniche di finitura delle parti esterne degli edifici esistenti, dettando specifiche norme per l’esecuzione delle rifiniture stesse in rapporto alle caratteristiche dell’edificio e delle sue congruenze con le connotazioni dei luoghi per i seguenti elementi:
a) manti di copertura e andamenti di falda;
b) forma e dimensione delle apertura, sistemi di oscuramento;
c) rapporti intercorrenti tra le parti piene di muratura (o struttura) e apertura in genere;
d) finiture di facciata, essendo, comunque, vietato l’uso di materiali del tipo “plastico continuo”;
e) zoccolature, modanature, contorni di aperture, spazi e balconi, ballatoi e loggiati, inferriate e ringhiere, elementi decorativi in genere;
f) canali di gronda e pluviali;
g) torrini e comignoli;
h) colori, stemmi e simili.
6. Per la tinteggiatura degli edifici ricadenti nella presente zona è, in ogni caso, vietato l’uso del colore bianco o dei colori aventi come componente diretto il giallo; il colore giallo, come componente diretto della tinteggiatura delle facciate, è ammesso solo qualora risulti da specifica documentazione come tipico dell’edificio originario.
7. Nell’area perimetrata con apposito segno grafico, in connessione all’ambito SA 7, Rocca di Orino, l’effettuazione di ogni scavo deve essere preventivamente autorizzata dal consorzio, fatte salve le competenze di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione, al fine di tutelare eventuali ritrovamenti relativi al sistema di fortificazione della Rocca.
8. Fino all’approvazione del piano di settore, di cui al precedente quinto comma, sono ammessi unicamente interventi sugli edifici esistenti, consistenti esclusivamente in quelli indicati alle lettere a), b), c) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457; è, altresì, vietato il mutamento di destinazione d’uso degli immobili esistenti anche senza esecuzione di opere edilizie; possono essere, comunque, realizzati quegli interventi di ripristino di parti ammalorate o pericolanti dei fabbricati, imposti dall’autorità comunale a protezione della pubblica incolumità o, relativamente ai beni sottoposti al vincolo di cui alla legge 1º giugno 1939, n. 1089, dall’autorità statale preposta alla tutela del vincolo stesso.
9. Nella presente zona debbono essere interrate le nuove linee di alimentazione elettrica o della rete telefonico; il piano di settore, di cui al precedente quinto comma, può stabilire tempi e modalità per l’interramento delle linee esistenti.

Art. 24. – Zona di valore paesistico.
1. La tavola grafica di piano “zonizzazione”, in scala 1:10.000, individua con apposito segno grafico e sigla “VP” le aree del territorio del parco di valore paesistico, sia per la tipicità del rapporto tra ambiente naturale ed edificazione, che per le particolari condizioni di accessibilità e l’offerta di visuali pregiate.
2. Nelle aree di cui alla presente zona “VP” gli interventi sugli elementi vegetazionali del paesaggio devono mirare a conservare e valorizzare le caratteristiche precipue dei complessi boscati esistenti, nonché i soggetti arborei di rilevante interesse naturalistico e paesistico ed essere rivolti a mantenere la varietà degli ambienti naturali e le diversità biologiche della copertura vegetale.
3. I complessi boscati presenti in zona “VP” sono classificati di tipo b), ai sensi dell’art. 2 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9 e la loro gestione avviene secondo i disposti di cui al successivo art. 27.
4. È ammessa l’attività agricola limitatamente alle pratiche colturali tipiche dei prati esistenti, nonché il recupero a prato di aree in via di abbandono o di invasione boschiva, con finalità di tutela del paesaggio tradizionale e per l’utilizzo ai fini ricreativi.
5. Nelle aree comprese nella presente zona sono vietate nuove costruzioni, fatto salvo quanto previsto dal successivo nono comma.
6. Relativamente agli edifici esistenti nella presente zona, costruiti antecedentemente all’1 gennaio 1920, sono ammessi soltanto gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, ad esclusione degli ampliamenti e con l’obbligo di mantenimento delle caratteristiche costruttive originarie sia interne che esterne e degli elementi formali, da documentare specificatamente, accompagnando il progetto di intervento con opportuna analisi storico/critica, da presentare sia alla pubblica autorità competente al rilascio delle autorizzazioni ex art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 sia al consorzio del parco che, nei casi di cui alla presente norma, deve esprimere un parere; il piano di settore di cui al precedente art. 8, comma secondo, lett. b), può identificare gli edifici che, pur costruiti antecedentemente al 1º gennaio 1920, non hanno alcun pregio architettonico, relativamente ai quali individuare le opere ammissibili anche con riferimento a possibili ampliamenti e modifica delle caratteristiche costruttive sia interne che esterne, nonché dei relativi elementi formali.
7. Per il complesso delle ville in stile liberty, esistenti nella presente zona “VP”, le caratteristiche di cui al precedente sesto comma dovranno essere documentate e mantenute anche nel caso di interventi ex art. 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, sottoposti al preventivo parere del consorzio.
8. Relativamente ai restanti edifici esistenti in zona “VP” sono ammessi unicamente gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 da realizzarsi secondo gli indici edilizi stabiliti dagli strumenti urbanistici comunali e previo parere del consorzio del parco, fatte salve le competenze di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione.
9. Previo parere del consorzio e fatte salve le competenze di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione, nella presente zona VP sono, altresì, esclusivamente ammessi, fatti salvi i disposti di cui ai precedenti sesto, settimo e ottavo comma:
a) gli interventi di consolidamento del suolo, nonché di sistemazione dei ciglioni e dei terrazzamenti;
b) la realizzazione di accessi carrai agli edifici esistenti che ne siano privi;
c) la realizzazione di autorimesse interrate funzionali alla residenza;
d) i cambi di destinazione d’uso degli edifici esistenti, anche in assenza di opere edilizie, purché non comportino necessità di nuove infrastrutture o potenziamento di quelle esistenti;
e) la sistemazione di aree a parcheggi pubblici.
10. Il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. b) detta le norme per la salvaguardia dei giardini privati esistenti nella presente zona “VP”; in particolare, per i parchi e giardini privati di pertinenza di edifici costruiti antecedentemente al 1º gennaio 1920, ogni intervento eccedente le normali operazioni di manutenzione deve essere disciplinato dal piano di settore con le metodologie proprie del giardino storico ed essere inquadrato da opportune indagini di natura storico/critica; prima dell’approvazione del piano di settore, di cui alla presente norma, sui giardini e parchi privati, esistenti in zona VP, possono essere eseguiti solo interventi di manutenzione ordinaria, compreso l’abbattimento di piante pericolose per la pubblica incolumità.
11. Per quanto attiene l’impianto della funicolare esistente nella presente zona VP, si applicano i disposti di cui al precedente art. 15 ed al successivo art. 36.

Art. 25. – Zona di recupero ambientale.
1. È individuata con apposito segno grafico l’area interessata dalla presenza di cava attiva (cava Soffiantini), comprendente le relative strutture di accesso e sfruttamento, per la quale si impone un recupero adeguato a restituire all’area stessa i valori ambientali e paesistici del parco.
2. Nell’area di cui al presente articolo, il proseguimento dell’attività estrattiva in atto è subordinato, in conformità con il piano cave della provincia di Varese, all’approvazione, da parte del consorzio del parco, di un progetto di recupero da realizzarsi mediante convenzione tra la ditta, i comuni interessati e il consorzio stesso.

Art. 26. – Zona di iniziativa comunale orientata.
1. Sono individuate con apposito perimetro nella tavola di piano “zonizzazione”, in scala 1:10.000, con sigla “ICO”, quelle parti del territorio del parco comprendenti aggregati urbani dei singoli comuni consorziati, loro frazioni ed aree che sono rimessi alla potestà comunale in materia urbanistica nel rispetto dei criteri e disposizioni di cui al presente articolo.
2. Gli interventi interessanti le aree ricadenti in zona ICO sono soggetti oltre che alle disposizioni degli strumenti urbanistici comunali e a quelle del presente piano, nonché alle procedure di legge, anche al parere consortile di cui al precedente art. 13, primo comma, lett. b) nei casi ivi disciplinati e a d.c.a., qualora gli interventi stessi rientrino nelle tipologie di opere previste dal precedente art. 15, primo comma.
3. Gli strumenti urbanistici comunali, generali ed attuativi, al fine della salvaguardia delle caratteristiche architettoniche e formali degli edifici esistenti devono uniformarsi alle norme di carattere estetico-edilizio di cui al successivo art. 29.
4. Nella zona “ICO” gli strumenti urbanistici comunali dovranno essere redatti nel rispetto dei seguenti criteri e disposizioni:
a) il completamento della struttura urbana dovrà privilegiare il recupero dei volumi esistenti;
b) dovranno essere rispettati i coni visuali secondo le modalità di cui al successivo art. 29, con particolare riferimento a quanto ivi disciplinato in materia di altezza dei manufatti;
c) i nuovi sviluppi urbani dovranno avvenire in continuità rispetto all’esistente e dovranno essere preferibilmente definiti da perimetri continui per conseguire il minor consumo delle risorse territoriali; a tal fine dovranno essere definiti indici di edificabilità e parametri di edificabilità rapportati a quelli del contesto circostante;
d) i nuovi interventi dovranno avere caratteristiche di impianto rispettose dell’andamento del terreno;
e) dovrà essere mantenuto il verde privato attualmente esistente in ville e giardini;
f) le zone produttive degli strumenti urbanistici generali comunali non potranno essere ampliati in misure superiore al 20% dell’estensione complessiva delle aree attualmente a ciò destinate; per quanto riguarda invece l’ampliamento degli edifici produttivi esistenti non potrà essere superiore al 20% della S.L.P., fatto, comunque, salvo quanto disposto dal precedente art. 15.

Titolo III
NORME DI SETTORE

Art. 27. – Norme per le attività selvicolturali.

1. In tutto il territorio del parco le superfici forestali, così come definite dall’art. 3 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 80, sono disciplinate dalle disposizioni della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9, da quelle del presente piano e, per quanto da tali disposizioni non specificatamente previsto, dalla legge regionale 5 aprile 1976, n. 8 come modificata dalla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 80.
2. In particolare, considerate le varie tipologie di bosco presenti all’interno del parco, la valorizzazione e tutela delle stesse viene perseguita mediante forme mirate di coltivazione e miglioramento che hanno lo scopo di conservare e, ovunque possibile, migliorare le caratteristiche strutturali ed ecologiche dei popolamenti forestali, intesi nell’insieme delle loro componenti arboree, floristiche e faunistiche.
3. Le forme mirate di coltivazione si attuano attraverso specifici modelli di trattamento selvicolturale tendenti, ovunque possibile, a favorire la mescolanza delle specie e la conversione ad alto fusto; ove queste siano impedite da fattori stazionali, andranno applicati quei trattamenti selvicolturali che meglio consentono la rinnovazione e la positiva evoluzione dei soprassuoli.
4. Sono considerate opere di miglioramento forestale quegli interventi a redditività negativa, sia a carico di soprassuoli che propriamente infrastrutturali, direttamente connessi al miglioramento della struttura dei popolamenti forestali, alla loro protezione da avversità biotiche ed abiotiche ed alla realizzazione di opere di servizio all’attività forestale.
5. Fino all’entrata in vigore del piano di settore, di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. a), ovvero dei relativi stralci, vanno seguiti per tutte le superfici forestali comprese all’interno del parco, sia pubbliche che private, i seguenti modelli di trattamento:
– boschi a prevalenza di faggio: vanno, ovunque possibile, convertiti ad alto fusto attraverso il criterio della matricinatura intensiva, selezionando i migliori soggetti per robustezza e portamento; nei soprassuoli in cui le caratteristiche strutturali non consentono l’immediata conversione, all’atto dell’utilizzazione andranno piantate non meno di 50 piantine ogni 1.000 metri quadri di bosco tagliato di latifoglie nobili locali;
– boschi a prevalenza di castagno: conversione generalizzata ad alto fusto nelle formazioni del versante settentrionale del Campo dei Fiori; negli altri versanti, selezione dei migliori polloni per robustezza e portamento all’atto dell’utilizzazione, con impianto di non meno di 50 piantine ogni 1.000 metri quadri tagliati di acero montano, tiglio, ciliegio, rovere e pino silvestre; nelle aree più degradate del versante meridionale il consorzio potrà temporaneamente sospendere le utilizzazioni;
– boschi costituiti da specie igrofile: in queste formazioni, localizzate all’interno degli impluvi, l’assegno al taglio dovrà considerare con attenzione la preminente funzione protettiva dei soprassuoli;
– boschi costituiti da specie termomesofile: in queste formazioni ubicate sui versanti asciutti, l’assegno dovrà favorire la massima mescolanza fra le specie e la selezione dei migliori polloni e matricine; ove necessario, potranno essere prescritti rinfoltimenti obbligatori delle tagliate;
– boschi con partecipazione di robinia: allo scopo di limitare al massimo la diffusione della robinia, le formazioni forestali ove si rinviene tale specie, dovranno essere invecchiate oltre il turno consuetudinario, allo scopo di deprimerne la facoltà pollonifera; ove necessario, potranno essere prescritti rinfoltimenti obbligatori delle tagliate; i metodi di assegno dovranno ottenere il contenimento della robinia attraverso la dominanza delle altre specie;
– boschi di resinose di origine artificiale: andrà favorito lo sviluppo dei soggetti d’avvenire e la partecipazione delle latifoglie autoctone attraverso sfolli e diradi anche di forte intensità, seguiti dai tagli di rinnovazione; allo scopo di attenuarne l’effetto sul paesaggio, andrà movimentato e sfumato il margine di contatto con le circostanti formazioni a latifoglie.
6. Allo scopo di mantenere e moltiplicare gli ecotoni di margine e di consentire l’alimentazione della fauna superiore, viene favorito il mantenimento delle attività agricole esistenti, intercluse all’interno delle aree boscate.
7. Le colture a rapido accrescimento, così come definite dall’art. 17 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 80, sono soggette ai disposti dell’art. 7 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9; a fine turno è consentita l’asportazione di tutto il materiale, con successivo e immediato reimpianto di specie forestali autoctone.
8. Considerata la composizione delle formazioni forestali del parco, vengono definite, ai sensi delle presenti norme, specie forestali autoctone quelle per cui siano già presenti fenomeni di rinnovazione naturale.
9. Fatto salvo quanto previsto dalle specifiche norme di zona, il taglio ordinario delle piante arboree isolate, dei filari, delle fasce alberate e dei boschetti, non definibili come boschi ai sensi della vigente legislazione, ad esclusione della vegetazione arborea compresa all’interno di giardini e di orti, sia pubblici che privati, nonché dei perimetri dei centri edificati di cui all’art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, potrà essere effettuato esclusivamente durante la stagione silvana in cui è consentito il taglio dei boschi cedui e previo nullaosta del consorzio, lasciando un pollone o un fusto ogni 10 metri di filare od ogni 100 metri quadri di superficie; lo sradicamento delle formazioni arboree di cui alla presente norma potrà essere effettuato, fatto salvo il reimpianto di superfici di dimensioni almeno pari a quelle interessate dallo sradicamento stesso, all’interno della proprietà, previo nullaosta del consorzio, che dovrà specificare luogo, entità e specie del reimpianto.
10. Il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. a) è predisposto, per le aree boscate, come definite dall’art. 3 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 80, sotto la forma di piani di assestamento delle proprietà pubbliche e private secondo il disposto dell’art. 15 della legge regionale 80/89 e con le procedure ivi previste; i piani di cui alla presente norma, predisposti secondo i criteri generali stabiliti dall’art. 4 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 e secondo quanto previsto dalla vigente normativa regionale, descrivono la situazione attuale dei complessi forestali presi in esame, il modello normale di bosco a cui tendere per soddisfare le molteplici funzionalità descritte dal presente articolo e i diversi trattamenti da applicarsi per l’adeguamento dallo stato reale allo stato normale; i piani di cui alla presente norma sono redatti per ambiti amministrativi comunali accorpati.
11. Nei castagneti da frutto, anche se abbandonati ed invasi da cespugliame, arbusti, o rinnovazione forestale di giovane età, sono comunque consentiti, previo nullaosta da parte del consorzio, quegli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, comunque destinati al mantenimento ed alla valorizzazione della produzione castanile.
12. All’interno delle aree boscate sono vietate recinzioni di ogni genere che non siano riferibili alle immediate pertinenze di fabbricati e impianti, o a strutture di protezione e sicurezza per la pubblica incolumità.
13. È vietata senza consenso del proprietario dell’area la raccolta libera di castagne, provenienti da castagneti da frutto regolarmente coltivati ed utilizzati.
14. È vietata senza autorizzazione del consorzio, sentito il parere dello SPAFA, la raccolta di terriccio, strame o foglie morte, salvo per uso familiare.
15. Il rimboschimento con impianti monospecifici, sia di resinose che di latifoglie, è soggetto al preventivo nullaosta da parte del consorzio.
16. All’interno delle aree forestali è vietata qualsiasi forma di segnaletica consistente in tratti di vernice sui fusti degli alberi diversa da quella prevista per la compilazione dei piani di assestamento; la segnaletica inerente manifestazioni a carattere temporaneo dovrà essere esclusivamente in carta od altri materiali biodegradabili da rimuovere al termine della manifestazione; i segnali a cartello posti all’interno delle aree boscate dovranno essere realizzati in legno.
17. Ai sensi dell’art. 4 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9 le denunce di taglio dovranno essere presentate con le seguenti modalità:
– compilazione della denuncia di taglio da inviare contestualmente al consorzio e allo SPAFA, indicando gli estremi identificativi del lotto, il tipo di bosco, la quantità di materiale legnoso oggetto di abbattimento; le denunce di taglio, riguardanti lotti di entità superiori a 100 metri cubi nel caso dei boschi ad alto fusto o 7,5 ettari nel caso di boschi cedui, dovranno essere accompagnate da un progetto di taglio predisposto da un tecnico abilitato;
– entro 60 giorni dalla presentazione della denuncia il presidente del consorzio può fissare specifiche modalità di trattamento o vietare del tutto l’utilizzazione; trascorso tale termine, l’utilizzazione potrà essere eseguita, con l’osservanza dei criteri tecnici specifici indicati dalle presenti norme; la contrassegnatura delle piante ad alto fusto da abbattere e delle matricine da rilasciare, di cui al quarto comma dell’art. 4 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 9, verrà effettuata a cura del consorzio entro i 60 giorni previsti per l’istruttoria tecnica; nel caso sia stato presentato un progetto di taglio, il consorzio potrà far propria la contrassegnatura proposta o procedere alle opportune modificazioni ed integrazioni;
– il presidente del consorzio può individuare un periodo preferenziale per la presentazione delle denunce di taglio, di durata comunque non inferiore a 120 giorni.
18. Allo scopo di consentire la tutela e moltiplicazione della fauna specializzata, in sede di assegno al taglio, il consorzio può disporre il rilascio di fusti morti in piedi, sia di conifere che di latifoglie, purché non interferenti con la pubblica incolumità.

Art. 28. – Tutela della flora spontanea.
1. Il consorzio persegue l’obiettivo della tutela e del potenziamento della flora spontanea tipica del parco, attraverso la graduale riqualificazione e l’incremento degli ambienti naturali idonei alla conservazione e diffusione della stessa, nonché mediante la particolare disciplina della raccolta.
2. La raccolta di flora spontanea e dei funghi epigei è disciplinata rispettivamente in conformità alla legge regionale 27 luglio 1977, n. 33 e alla legge regionale 12 agosto 1989, n. 31 ed è sottoposta alle ulteriori limitazioni stabilite dalle seguenti norme.
3. Con apposito regolamento il consorzio può introdurre disposizioni più restrittive rispetto a quelle contenute nelle leggi regionali citate al precedente secondo comma per la tutela di determinate specie non comprese nei relativi elenchi ovvero di determinati siti delicati, stabilendo aree di divieto di raccolta anche temporanea di flora spontanea e di funghi, fermo restando il divieto di raccolta di flora spontanea in tutte le riserve naturali nonché il divieto di raccolta di funghi epigei nelle riserve naturali orientate ai sensi dell’art. 7, lett. a) della legge regionale 12 agosto 1989, n. 31.
4. Fino all’entrata in vigore del regolamento di cui al precedente comma è, comunque, vietata in tutto il territorio del parco la raccolta di esemplari o di parti aeree o sotterranee delle seguenti specie:
– Convallaria majalis
– Clematis alpina
– Cyclamen europaeum
– Colchicum sp.pL.
– Daphne sp.pL.
– Digitalis sp.pl
– Fritillaria
– Galathus nivalis
– Gentiana sp.pL.
– Helleocrus niger
– Iris sp.pL.
– Lilium sp.pL.
– Asphodelus albus
– Armeria alpina
– Erica carnea
– Calluna vulgaris
– Erythronium dens canis
– Dianthus sp.pL.
– Eriophorum
– Ilex aquifolium
– Ruscus auculeatus
– Osmunda regalis
– Orchis et Ophrys sp.pL.
– Paeonia officinalis
– Poligala sp.pL.
– Primula auricola
– Primula a fiore rosso
– Phragmites communis
– Rosa sp.pL.
– Saxifraga sp.pL.
– Sempervivum sp.pL.
– Thalictrum aquilegifolium
– Typha sp.pL.
– Viola sp.pL.
5. Per la ricerca scientifica il presidente del consorzio può autorizzare la raccolta della flora spontanea anche nelle aree ricomprese nelle riserve naturali nonché, in tutto il territorio del parco, delle specie ricomprese nell’elenco di cui al precedente comma.
6. Sono vietate le introduzioni di specie non autoctone nelle riserve naturali. Nelle altre zone l’introduzione delle specie suddette è soggetta ad autorizzazione. Il divieto non si applica nella zona riservata alla pianificazione locale e nell’esercizio dell’agricoltura e della zootecnia, fatte salve le disposizioni relative, nonché nei parchi e giardini.
7. Sono ammesse le introduzioni effettuate per finalità di lotta biologica o integrata, secondo le disposizioni del regolamento d’uso o previa autorizzazione consortile.
8. Sono ammesse reintroduzioni di specie autoctone, originariamente presenti ed elimate dall’intervento dell’uomo, secondo le disposizioni di piano di settore o previa autorizzazione, purché l’habitat sia preventivamente reso di nuovo idoneo.
9. Anche nelle aree in cui è ammessa l’introduzione di specie non autoctone, il presidente può ordinare l’eliminazione di individui esotici, qualora sussista pericolo di diffusione al di fuori delle aree stesse.
10. Il consorzio provvede all’organizzazione di vivai di flora autoctona e all’allestimento e valorizzazione didattica di giardini ed orti botanici anche mediante convenzioni con enti, associazioni e organizzazioni operanti nel parco.

Art. 29. – Norme di salvaguardia paesistica.
1. Fatte salve le specifiche norme di zona, in tutto il territorio del parco si applicano le disposizioni di cui al presente articolo, dirette alla disciplina e salvaguardia dei valori paesistici del parco; a tal fine nel territorio del parco posto a valle dei coni visuali, individuati nella cartografia di azzonamento, in scala 1:10.000, con simbologia “coni visuali”, nel perimetro di 50 metri dai coni stessi, la linea di colmo del tetto delle costruzioni o il punto più alto della copertura e di eventuali volumi tecnici, la linea di contorno superiore dei manufatti in genere, compresi i tralicci e le palificazioni, le recinzioni e le alberature, non debbono risultare più alti del punto di veduta o del tratto di linea visuale su cui risultano proiettati ortogonalmente.
2. In tutto il territorio del parco le recinzioni, laddove consentite dalle norme di zone e fatto salvo quanto ivi specificatamente previsto, possono delimitare la superficie di proprietà nella misura massima di 10 volte la superficie coperta dell’edificio ed avere le seguenti caratteristiche:
a) devono garantire il regolare deflusso delle acque ed avere una altezza non superiore a 150 metri;
b) è fatto divieto di realizzare recinzioni cieche o in elementi prefabbricati in cls e simili, anche ad elementi discontinui, fatta salva l’effettuazione di muretti a secco;
c)è ammessa, alla base della recinzione, la realizzazione di un cordolo in muratura di altezza non superiore a 0,30 metri;
d) le recinzioni esistenti, realizzate con muri a secco devono essere mantenute anche nel loro andamento planimetrico;
e) qualora come recinzione, o ad integrazione della stessa, vengano utilizzate siepi o schermi vegetali, questi devono essere realizzati mediante l’impiego delle specie di seguito elencate:
– Carpinus betulus (carpino bianco)
– Corylus avellana (nocciolo)
– Crataegus monogyna (biancospino)
– Evonimus europaeus (cappello da prete)
– Fagus sylvatica (faggio)
– Ilex aquifolium (agrifoglio)
– Prunus spinosa (prugnolo)
– Laurus nobilis (alloro)
– Ligustrum (ligustro)
– Taxus baccata (tasso)

3. Ad integrazione delle specifiche norme di zona e fatte salve speciali disposizioni ivi contenute, in tutto il territorio del parco si applicano, per l’edificazione, i seguenti disposti:
a) in tutti gli edifici esistenti, gli interventi sulle parti esterne degli stessi devono essere effettuati con riguardo agli aspetti estetico-formali della tradizione dei luoghi sia per il colore che per la foggia e valore materico degli elementi architettonici e formali; analoga prescrizione vale per l’assetto compositivo del partito architettonico, specie per l’articolazione dei rapporti tra elementi pieni e vuoti delle fronti; nelle tinteggiature esterne degli edifici è fatto divieto del colore bianco e dell’impiego di finiture con materiali a base vinilica (intonaci plastici); per i serramenti esterni è fatto divieto di profilati metallici;
b) gli edifici accessori, ivi compresi i box per auto, non possono essere realizzati con manufatti prefabbricati, metallici e non, e devono avere copertura a falda;
c) nella realizzazione e sistemazione dei giardini e delle aree di pertinenza degli edifici devono essere conservate:
– le principali caratteristiche morfologiche del terreno;
– le piante d’alto fusto presenti, salvo se deperienti o pericolanti;
– i nuovi impianti di giardino e la motificazione degli esistenti sono da realizzarsi con essenze preferibilmente autoctone;
– i piazzali, i viali, le piste d’accesso devono essere realizzate con materiali filtranti.
4. Ad eccezione della zona “ICO” e fatte salve le specifiche norme di zona, in tutto il territorio del parco è vietata la realizzazione di piscine e campi da tennis, quali pertinenze di abitazioni private; le attrezzature per gli altri sport sono ammesse, al servizio di abitazioni private, solo qualora non comportino alterazioni della morfologia del suolo.
5. Il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. b) disciplina, con riferimento a tutto il territorio del parco, gli aspetti di cui al precedente art. 23, quinto comma e procede al censimento degli elementi caratterizzanti il paesaggio sia storico-culturali che naturalistici che estetico visuali, definendo le norme di conservazione dei relativi valori peculiari.
6. Il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. b) individua i rustici esistenti in tutto il territorio del parco, dettando, nel rispetto della normativa della zona in cui detti rustici ricadono, una specifica disciplina per il loro recupero ed il loro utilizzo che, con esclusivo riferimento ai rustici ricompresi in zona “PAT”, non dovrà essere di tipo residenziale; prima dell’approvazione del piano di settore, sui rustici esistenti sono possibili esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, nonché quelle opere di ripristino di parti ammalorate o pericolanti imposti dall’autorità comunale a tutela della pubblica incolumità; ai fini della presente norma per rustici si intendono quegli edifici, in stato di abbandono, originariamente destinati a ricovero di attrezzature agricole ovvero al servizio dell’attività agro-silvo-pastorale o costituenti infrastrutture produttive di tipo agricolo o privi di destinazione funzionale allo stato accertabile o documentabile.

Art. 30. – Attività turistico-ricreativa.
1. Gli interventi in funzione culturale, educativa e ricreativa, turistica e sportiva sono subordinati al rispetto dei valori prioritari di tutela delle caratteristiche territoriali del parco, quali individuati dalle norme del presente piano.
2. Il consorzio determina le modalità di fruizione del territorio del parco, nonché l’entità e le caratteristiche delle infrastrutture necessarie, attraverso il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. c) ed il regolamento d’uso di cui al successivo quarto comma.
3. Il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. c), riguarda tutto il territorio del parco ad esclusione delle zone classificate di riserva naturale; mediante tale piano di settore il consorzio deve:
– organizzare la rete delle percorrenze, recuperando i tracciati esistenti, specie quelli storici ed, eventualmente, integrarli con nuovi tratti di collegamento, al fine di creare “circuiti” a diversi livelli di accessibilità e percorrenza;
– individuare in modo puntuale i principali punti di accesso al parco, organizzando la sosta dei veicoli in corrispondenza ad essi;
– sviluppare il sistema delle infrastrutture di supporto al visitatore, all’interno del parco, ricorrendo prioritariamente al riutilizzo di strutture edilizie esistenti;
– disciplinare le modalità di trasformazione e di utilizzo delle zone a parco attrezzato, di cui al precedente art. 22, nel rispetto delle disposizioni ivi contenute;
– organizzare in modo unitario il sistema di segnaletica didattico-informativa, fatto salvo quanto già previsto nelle d.g.r.L. n. 3/34449 del 21 dicembre 1983 e d.g.r.L. n. 3/50964 del 23 aprile 1985;
4. Con apposito regolamento d’uso il consorzio stabilisce le modalità di fruizione delle attrezzature, connesse all’attività turistico-ricreativa, presenti nel territorio del parco, regolamentando il flusso di visitatori all’interno delle varie zone del parco, ad esclusione delle aree di riserva naturale, nelle quali tali aspetti sono disciplinati dai rispettivi piani delle riserve, onde evitare fenomeni di eccessiva concentrazione e diffusione, incompatibili con la difesa dell’ambiente e con le attività agricolo-forestali.
5. In tutta l’area del parco è vietata la realizzazione di aziende ricettive all’aria aperta, l’esercizio del campeggio libero e l’allestimento o il mantenimento di depositi di roulottes, ad eccezione di quanto specificatamente previsto dal precende art. 21, per l’esercizio dell’agriturismo; il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. c) può stabilire tempi e modalità per la rimozione dei depositi di roulottes attualmente in atto, con esclusione di quelli connessi con l’esercizio dell’agriturismo.

Art. 31. – Norme di tutela geologica ed idrogeologica.
1. In tutto il territorio del parco, ad esclusione delle aree comprese nella zona di iniziativa comunale orientata, devono essere osservate le seguenti norme, dirette alla tutela geologica ed idrogeologica:
a) i progetti di realizzazione di ogni intervento modificativo di sentieri e strade, laddove consentiti dalle norme di zona, nonché di tutte le opere di sistemazione idraulico-forestale, di movimenti franosi, di captazione, nonché per la realizzazione di elettrodotti, acquedotti, gasdotti, oleodotti, fognature e depuratori devono essere realizzati secondo tecniche di ingegneria naturalistica, consistenti nell’utilizzo prevalente di materiale vivo, laddove possibile, al fine di ottenere il miglior inserimento dell’opera nell’ambiente circostante; a tal fine il consorzio, mediante il piano di settore, di cui al successivo terzo comma, definisce nel dettaglio le modalità esecutive degli interventi stessi, con particolare riferimento alle tecniche di ingegneria naturalistica;
b) è vietato l’utilizzo delle cavità carsiche per il deposito di materiali di qualsiasi tipo; il piano di settore di cui al successivo terzo comma determina tempi e modalità per la rimozione e messa in sicurezza dei depositi esistenti;
c) l’accesso alle grotte per finalità scientifiche, didattiche e ricreative è disciplinato da apposito regolamento d’uso ed è, comunque, subordinato ad autorizzazione consortile;
d) la raccolta dei minerali, anche nelle cavità carsiche, è soggetta alla disciplina di cui alla legge regionale 10 gennaio 1989, n. 2.
2. In tutto il territorio del parco è vietato l’abbandono di rifiuti di qualsiasi natura; è fatta salva la competenza del sindaco, ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, per la rimozione dei rifiuti abbandonati o scaricati o depositati in modo incontrollato.
3. Mediante il piano di settore, di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. d), il consorzio:
a) individua le aree interessate da dissesti e vulnerabilità idrogeologici, da salvaguardare per gli aspetti idrogeologici, dettando prescrizioni particolari per il loro uso;
b) definisce nel dettaglio le tecniche di ingegneria naturalistica per l’esecuzione degli interventi di cui al precedente primo comma, lett. a);
c) procede al censimento delle cavità carsiche, prevedendo gli interventi atti alla loro conservazione e tutela, anche con riferimento al disposto di cui al precedente primo comma, lett. c).

Art. 32. – Attività estrattiva.
1. In tutto il territorio del parco non è ammessa l’apertura di nuove cave, nonché l’estrazione di inerti di qualsiasi natura e l’esercizio di attività, che determinino modifiche sostanziali della morfologia del suolo, fatto salvo quanto specificatamente previsto dalle singole norme di zona.

Art. 33. – Tutela della fauna selvatica.
1. Nel territorio del parco si applicano i disposti di cui all’art. 43, primo comma, lett. b) della L.R. 16 agosto 1993, n. 26.

Art. 34. – Tutela della fauna ittica.
1. La tutela e l’incremento della fauna ittica per la salvaguardia dell’equilibrio ambientale e l’attività di pesca sono disciplinate nel parco ai sensi della legge regionale 26 maggio 1982, n. 25 e successive modificazioni. Il piano persegue gli obiettivi di:
– rispetto e ricostituzione dell’equilibrio naturale e riqualificazione della fauna ittica, al fine di migliorare la potenzialità naturale della fauna stessa e garantire le condizioni ambientali migliori per il suo sviluppo;
– salvaguardia e miglioramento della qualità delle acque in collaborazione con le amministrazioni competenti in materia di inquinamento idrico.
2. Mediante il piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. e), il consorzio stabilisce, nell’osservanza della vigente legislazione e tenuto conto dei piani provinciali pesca e delle relative carte delle vocazioni ittiche, la disciplina per la tutela del patrimonio ittico e l’esercizio della pesca nel parco. Il piano di settore, in particolare, determina:
a) gli interventi da realizzare per il conseguimento degli obiettivi di cui al precedente primo comma;
b) la tutela e valorizzazione della ittiofauna autoctona, nonché gli obiettivi e le modalità operative per eventuali iniziative di reintroduzione;
c) i criteri per migliorare le condizioni e le possibilità per l’esercizio della pesca dilettantistica, evitando forme distruttive nell’uso del patrimonio ittico;
d) eventuali restrizioni alle modalità ed ai mezzi ammessi per la pesca nel parco;
e) eventuali limitazioni alle modalità ed ai mezzi ammessi ed alle misure minime di pesci catturabili nel parco.
3. L’esercizio della pesca è vietato nelle riserve naturali orientate; sono, comunque, fatti salvi i diritti esclusivi di pesca.
4. Compete al consorzio, relativamente alle acque interne al perimetro del parco, esprimere:
a) il parere preventivo sul programma provinciale di ripopolamenti ittici;
b) il parere ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 18, quinto comma, della legge regionale 26 maggio 1982, n. 25, per l’immissione di ittiofauna;
c) il parere preventivo su immissioni e ripopolamenti eseguiti da concessionari e riservisti di pesca e da chiunque altro autorizzato, effettuando i relativi controlli;
d) il parere per l’organizzazione di gare e manifestazioni di pesca;
e) il parere sulle domande di concessioni, e relativi capitolati o disciplinari, previste dall’art. 6, primo e quinto comma della legge regionale 26 maggio 1982, n. 25 e sulle domande di proroga o rinnovo delle concessioni stesse, ove concernano acque in tutto o in parte comprese nel parco.
5. Gli indirizzi di cui al precedente quarto comma, relativamente ai popolamenti, si osservano anche nella gestione di laghetti, cave e specchi d’acqua interni ad aree di proprietà privata, ma comunicanti con acque pubbliche, salvo che le vie di comunicazione siano chiuse a monte e a valle con griglie o altre apparecchiature inamovibili, che impediscano il passaggio del pesce.
6. Le concessioni in atto di diritti esclusivi di pesca di qualsiasi tipo, riguardanti acque ricomprese entro il perimetro del parco, ovvero su acque ad esso collegate, restano in vigore fino alla loro scadenza e, comunque, per non oltre tre anni dall’entrata in vigore del presente piano, fatte salve le competenze dello Stato.
7. Il consorzio cura l’acquisizione dei diritti esclusivi di pesca ove esistenti, sia di privati sia di collettività o enti pubblici, in base alle norme vigenti in materia.
8. Qualora sia titolare dei diritti di cui al precedente settimo comma un ente consorziato, l’ente stesso convenziona con il consorzio le relative modalità di esercizio, ai fini della tutela dell’ambiente.

Art. 35. – Tutela della fauna minore.
1. La tutela della fauna minore è disciplinata dalla legge regionale 27 luglio 1977, n. 33; il piano di settore tutela e gestione del patrimonio faunistico può introdurre disposizioni più restrittive in merito al prelievo della fauna minore rispetto alle norme della medesima legge regionale 33/77, per la tutela di determinate specie autoctone non elencate dalla stessa legge regionale, ovvero di determinati siti delicati.
2. Il piano di settore tutela e gestione del patrimonio faunistico, di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. e), persegue gli obiettivi di:
– riqualificare gradualmente ambienti idrici per la conservazione ed il potenziamento della fauna minore autoctona;
– normare i prelievi di fauna minore autoctona in zone di particolare tutela;
– individuare gli interventi da attuare in corrispondenza delle aree di interesse faunistico, limitrofe a sedi viarie, atti a minimizzare i pericoli di isolamento geografico, la mortalità causata dal traffico veicolare, l’accumulo di inquinanti;
– garantire le necessarie misure di protezione per la conservazione delle popolazioni endemiche del parco.

Art. 36. – Viabilità.
1. Fatte salve le specifiche norme, relative alle singole zone del presente P.T.C., nonché quelle di cui ai precedenti artt. 15, 30 e 31, ogni intervento modificativo di strade esistenti di ogni tipo, destinate al traffico veicolare, nonché di sentieri, laddove consentito, è sottoposto a preventivo parere del consorzio, ferme restando le competenze di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione.
2. Il parere consortile di cui al precedente primo comma deve riguardare:
– l’inserimento dell’opera progettata nel contesto territoriale, verificando che il tracciato e le soluzioni prospettate minimizzino l’impatto visuale e rispettino le caratteristiche ambientali presenti;
– i collegamenti e le intersezioni con i percorsi pedonali, ciclabili o equestri;
– il tipo di finiture del ciglio stradale ed eventuale manufatti connessi, in modo da escludere l’accesso veicolare alle aree verdi latistanti ed ai percorsi pedonali o ciclabili o equestri;
– gli interventi da attuare in corrispondenza delle aree di interesse faunistico, atti a minimizzare i pericoli di isolamento geografico, la mortalità causata dal traffico veicolare, l’accumulo di inquinanti.
3. Fatto salvo quanto previsto dal precedente art. 20, sesto comma, in tutto il territorio del parco è vietata la realizzazione di nuove strade o la variazione delle caratteristiche geometriche dei tracciati esistenti, se non per apportarvi rettifiche documentatamente necessarie alla sicurezza del traffico e dell’utenza, da sottoporre, comunque, a preventivo parere del consorzio, che si esprimerà ai sensi del precedente secondo comma.
4. Laddove possibile la pavimentazione di strade e sentieri dovrà essere di tipo permeabile e dovrà mantenere i caratteri tradizionali del manto originario.
5. Fatto salvo quanto previsto dal precedente art. 15, la riattivazione dell’impianto funicolare tra il centro urbano di Varese e il Sacro Monte Campo dei Fiori, la cui esecuzione deve avvenire previa convenzione tra il comune di Varese, il consorzio del parco e la ditta appaltatrice dei lavori, va realizzata in modo da:
– ricalcare il tracciato esistente;
– mantenere i caratteri storico-formali dei manufatti delle stazioni.
6. Qualora l’impianto di funicolare, di cui al precedente comma, sia gestito da privati, le modalità di gestione devono essere stabilite mediante apposita convenzione tra il privato, il comune di Varese e il consorzio del parco.

Art. 37. – Infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico.
1. Fatto salvo quanto previsto dal precedente art. 31 (“Norme di tutela geologica ed idrogeologica”) e dalle specifiche norme di zona, la realizzazione di fognature, oleodotti, gasdotti, elettrodotti, acquedotti e simili, fatti salvi gli allacciamenti alle singole utenze, delle relative centraline e cabine nonché lo sviluppo o il potenziamento degli impianti di tal genere esistenti sono ammessi solo nel sottosuolo delle strade esistenti di pubblica comunicazione o in zona ICO o, relativamente alla zona PAT, nelle aree all’uopo individuate dal piano di settore di cui al precedente art. 8, secondo comma, lett. c), purché risulti documentatamente, da apposita relazione tecnica, da allegare allo studio interdisciplinare di cui al precedente art. 15, secondo comma, nel caso di interventi soggetti a D.C.A., l’impossibilità di localizzare tali opere in aree esterne al perimetro del parco.
2. I progetti delle opere di cui al precedente primo comma, fatto, comunque, salvo quanto previsto dal precedente art. 15, nel caso di opere soggette a D.C.A., sono sottoposte al parere del consorzio, che si esprime in merito alla relazione tecnica, disciplinata dal precedente comma, nonché sulla conformità dell’intervento progettato alle norme del presente piano e dei relativi strumenti attuativi; restano ferme le competenze di altre pubbliche autorità in base alla vigente legislazione e i disposti della legge regionale 16 agosto 1982, n. 52 per la realizzazione di elettrodotti.
3. In tutto il territorio del parco non possono essere realizzati né discariche di rifiuti solidi-urbani o speciali o tossico-nocivi né impianti di termodistruzione o di trattamento di rifiuti.
4. Nell’area appositamente perimetrata in zona ICO, in comune di Brinzio, è ammessa, previo parere del consorzio e procedura di D.C.A., di cui al precedente art. 15, la realizzazione di impianti pubblici per la depurazione delle acque.

Titolo IV
NORME FINALI

Art. 38. – Acquisizione di aree.

1. È prevista l’acquisizione in proprietà pubblica delle aree per le quali il presente piano territoriale ovvero i relativi strumenti attuativi prevedano un uso pubblico ovvero per le quali i limiti alle attività economiche ed antropiche comportino la totale inutilizzazione.
2. Il consorzio promuove la collaborazione dei privati proprietari, mediante convenzioni, per la conservazione dell’ambiente e della vegetazione, in conformità alle norme del presente piano e degli strumenti o provvedimenti attuativi; la convenzione prevede in favore del privato la concessione di contributi o incentivi per il conseguimento delle finalità del piano.
3. Le indennità conseguenti ad espropriazioni sono corrisposte nelle misure e con le modalità previste dalla legge.

Art. 39. – Vigilanza.
1. Nel territorio del parco la vigilanza è esercitata dal presidente del consorzio, che ne riferisce al consiglio direttivo, con le modalità previste dall’art. 26, della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86.

Art. 40. – Repressione degli interventi abusivi: potere cautelare e sanzioni amministrative.
1. Il presidente del consorzio ordina, con esclusione degli interventi di carattere edilizio, la sospensione di ogni intervento contrario ai divieti e alle prescrizioni del piano territoriale, dei piani di settore, dei regolamenti d’uso; relativamente agli interventi soggetti, in base alla vigente legislazione o alle norme del presente piano territoriale o dei piani di settore o di regolamenti d’uso, ad autorizzazione consortile o a nullaosta consortile o a denuncia al consorzio o concessione d’uso o di gestione o a convenzione, il presidente ordina la sospensione nel caso di interventi iniziati in assenza di tali atti o in difformità, anche parziale, dagli stessi.
2. Gli effetti dell’ordinanza di sospensione cessano qualora nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell’ordinanza stessa non sia emanato dal consorzio il provvedimento definitivo di repressione dell’abuso, previsto dagli artt. 28, 29, 30 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86.
3. Le sanzioni amministrative, previste dagli artt. 28, 29, 30 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, sono emanate dal presidente del consorzio con le modalità indicate dai disposti di legge medesimi.
4. Le sanzioni amministrative, di cui al terzo comma del presente articolo, sono irrogate, oltre che per le violazioni indicate dall’art. 27, primo comma della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, anche per le violazioni delle norme contenute nel presente piano territoriale, nei piani di settore, nei regolamenti d’uso nonché, relativamente ad interventi soggetti ad autorizzazione consortile o a nullaosta consortile o a denuncia al consorzio o a concessione d’uso o di gestione o a convenzione, nel caso di interventi posti in essere in assenza di tali atti o in difformità, anche parziale, dagli stessi.

Art. 41. – Poteri di deroga.
1. Alle norme del presente piano territoriale è consentita deroga soltanto per la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, che non possono diversamente essere localizzate.
2. La deroga di cui al presente articolo è assentita con deliberazione dell’assemblea consortile e, con riferimento a quanto disposto dal successivo quarto comma, con deliberazione del consiglio comunale interessato ed è autorizzata dalla giunta regionale cui, all’uopo, verranno trasmessi i citati atti deliberativi consortile e comunale, nonché i relativi allegati.
3. La deliberazione consortile di cui al precedente comma stabilisce le opere di ripristino o di recupero ambientale eventualmente necessarie nonché l’indennizzo per danni ambientali non ripristinabili o recuperabili.
4. Ai fini del rilascio, da parte del sindaco, della concessione o autorizzazione edilizia, la deliberazione di giunta regionale, di cui alla presente norma, produce effetti ai sensi dell’art. 3 della legge 21 dicembre 1955, n. 1357.
5. All’istanza di deroga, di cui al presente articolo, deve, in ogni caso, essere allegata tutta la documentazione necessaria ai sensi dell’art. 3 della legge 21 dicembre 1955, n. 1357, nonché una relazione tecnica, contenente i seguenti elementi:
a) descrizione delle caratteristiche tecniche dell’opera;
b) descrizione dell’ambiente interessato dall’intervento;
c) identificazione delle interferenze prodotte sull’ambiente dall’opera proposta e delle misure adottate per ridurre, annullare o compensare eventuali effetti negativi.
6. La documentazione, di cui al precedente quinto comma, deve essere trasmessa alla giunta regionale, unitamente alle deliberazioni consortile e comunale e relativi allegati, previste dal precedente secondo comma.

NOTE:
2. La tavola è stata sostituita dall'art. 1, comma 1 della l.r. 27 dicembre 1999, n. 29. Torna al richiamo nota
Il presente testo non ha valore legale ed ufficiale, che è dato dalla sola pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Lombardia
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